Cass. civile del 1951 numero 2696 (27/11/1951)


Il divieto di patto commissorio (sia riguardo al contratto di mutuo ipotecario, che a quello di anticresi o di pegno) presuppone, come condizione sine qua non della sua applicabilità, la necessitá di evitare che il debitore, spinto dal bisogno e dalla speranza di riuscire ad estinguere il suo debito prima della scadenza, conceda al creditore la facoltà di appropriarsi della cosa costituita in garanzia ipotecaria o anticretica o pignoratizia, per un credito inferiore al valore della cosa stessa.Non ricorre codesta necessitá, e non ricorre quindi la figura di patto commissorio vietato dalla legge, nell'ipotesi che ai creditori sia stata concessa soltanto la facoltà di far propria la cosa per un prezzo da determinarsi da un terzo in misura adeguata al valore della cosa stessa.La circostanza che le parti abbiano posto in essere una vendita con patto di riscatto per raggiungere lo stesso scopo pratico di un mutuo assistito da garanzia immobiliare diversa da quella ipotecaria, non toglie che la predetta vendita sia vera e reale. Non sono incompatibili tra loro il patto di riscatto, e quello con il quale si stabilisce contemporaneamente che, in caso di mancato esercizio del riscatto, il venditore dovrà pagare, in aggiunta al prezzo fissato come somma da restituirsi in caso di risoluzione del rapporto, un supplemento di prezzo da fissarsi da un terzo destinato ad essere nominato nel modo previsto dal contratto. In tal caso il giudizio emesso dal terzo é soggetto non ai rimedi previsti dalla legge contro le decisioni arbitrali, ma ad impugnativa intesa in senso improprio, di carattere contrattuale.

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