Cass. civile, sez. III del 1970 numero 35 (07/01/1970)


Quando il consulente tecnico non si limita ad assistere giudice nel compimento di determinati atti istruttori che medesimo assume, ma svolge direttamente indagini, dirette a ricostruire fatti, per poi riferire al giudice quanto ha rilevato, non può negarsi la funzione probatoria della consulenza tecnica quale mezzo per l'acquisizione delle prove e cioè per l'accertamento dei fatti rilevanti per la decisione.La consulenza tecnica, pur essendo un mezzo istruttore particolare, tanto che il giudice può disporlo anche d'ufficio, non è in alcun modo subordinata, nella scala dei valori, ad altri mezzi istruttori; pertanto ben può il giudice attingere ad essa elementi di giudizio, anche se i dati assunti siano difformi ed in contrasto con altre risultanza istruttorie.Sulla gestione di affari, la sussistenza dei presupposti dell'impossibilità dell'interessato a gestire l'affare (absentia domino) e dell'utile inizio della gestione (utiliter coeptum) deve essere provata dal gestore di negozio, ove questi agisca in giudizio in tale qualità.Se è vero che il requisito essenziale dell'utile gestione, che cioè l'affare sia intrapreso absente et inscio domino, non deve intendersi in modo rogoroso, occorre, tuttavia che risulti l'impossibilità, sia pure relativa, dell'interessato, o, quanto meno, che questo non si sia opposto all'intromissione del gestore, che cioè non vi sia stata la prohibitio domini espressamente prevista dall'art.2031, II comma, cod.civ..

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