Azione inibitoria (clausole vessatorie)



Uno strumento di tutela di notevole importanza per il consumatore (già introdotto dall'abrogato art. 1469 sexies cod. civ. ) è costituito dall' azione inibitoria di cui all'art. 37 Codice del consumo. Le associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti e le CCIAA, possiedono infatti legittimazione attiva nei confronti del professionista o dell'associazione di professionisti che utilizzano particolari condizioni generali di contratto, potendo proporre domanda giudiziale intesa ad impedire l'utilizzo delle condizioni di cui sia accertata l'abusività nota1. Dal punto di vista della legittimazione attiva è stata reputata sufficiente (sia pure sotto il vigore della previgente disciplina) che l'associazione fosse iscritta nell'elenco delle associazioni dei consumatori, senza che avesse rilievo l'esclusività dello scopo (di tutela del consumatore: cfr. sul punto Tribunale di Roma, 28/10/2000 ). Il rimedio è stato reputato estensibile anche alla condotta del professionista o della associazione che si limitasse a raccomandare l'utilizzo della clausola abusiva (Corte Giustizia CEE, 24/01/2002).
Problematica è la valutazione della vessatorietà della clausola. Secondo il modo di disporre dell'art. 33 del Codice del consumo essa consiste nel significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, dovendo altresì presumersi tali le clausole di cui all'elenco del II comma della norma. Inoltre l'art. 34 del Codice contiene ai primi due commi i criteri alla luce dei quali valutare la vessatorietà della clausola. Inoltre ai sensi del IV comma del predetto art. 34 la vessatorietà è esclusa dalla concreta negoziazione individuale della contrattazione. Come intendere queste prescrizioni avulse da un contesto pratico, da un caso specifico, in quanto riferite ad un sindacato astratto, svolto ex ante ed in via generica?
Non si tratta infatti di un rimedio concesso ad una determinata parte contrattuale, bensì di un sistema di protezione generale, concesso a favore della collettività dei contraenti nell'ambito dei rapporti destinati ad essere disciplinati conformemente alle condizioni generali predisposte da un professionista.
Sembra che, pur dovendo comunque farsi riferimento alla c.d. "lista grigia" di cui al II dell'art. 33 del Codice del consumo (già III comma dell'abrogato art. 1469 sexies cod. civ. ), il giudizio relativo al significativo squilibrio della posizione contrattuale del consumatore rispetto a quella del professionista, debba essere effettuato in via di astrattezza, prescindendo da particolari circostanze concrete che, d'altronde, non si vedrebbe come introdurre in via di tutela inibitoria e collettiva nota2.
Da questo punto di vista giova osservare che non risulta necessario che il professionista si sia già concretamente avvalso nella propria attività contrattuale della clausola vessatoria. Appare sufficiente anche la mera predisposizione, come è provato dal fatto che sono legittimati passivi in ordine all'azione anche le associazioni di categoria che, per definizione, non assumono mai la qualità di controparte rispetto al consumatore nota3.
Il rimedio in esame non è escluso dalla parallela riconosciuta nullità della clausola abusiva a cagione della violazione di norme imperative (nullità che si caratterizza, a differenza di quella specificamente prevista dall'art. 36 del Codice, come assoluta). E' stato infatti deciso che il riconoscimento di tale condizione di invalidità addirittura aggrava il giudizio di vessatorietà relativo alla clausola che venga continuamente in fatto utilizzata nell'ambito delle condizioni generali di contratto (Appello Roma, 07/05/2002 ).
Quando ricorrono motivi di urgenza il provvedimento di inibizione può essere concesso ai sensi degli articoli 669 bis e ss. cod.proc.civ. (II comma art. 37 Codice del consumo). .
Già sotto il vigore della previgente normativa si era fatta strada l'opinione in base alla quale i motivi dell'urgenza dovessero essere rinvenuti nell'irreparabilità del pregiudizio e nella rilevanza del diritto potenzialmente esposto al pregiudizio (Tribunale di Torino, 04/10/1996 ) nota4.
Il giudice può altresì ordinare che il provvedimento sia pubblicato in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione nazionale (III comma art. 37 Codice del consumo). Per quanto non previsto dalla norma in esame, alle azioni inibitorie esercitate dalle associazioni dei consumatori di cui al comma I, si applicano le disposizioni dell'art. 140 del Codice del consumo. In base a tale norma è stata accolta la domanda del Codacons rivolta ad un istituto di credito ed intesa ad ottenere l'inibitoria rispetto alla richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola che prevedeva la corresponsione di interessi anatocistici trimestrali (Cass. Civ., Sez. I, 10713/2016).

Note

nota1

Sotto il vigore della precedente disciplina era possibile porre in concreto il problema della differenza tra l'azione inibitoria in parola e quella di cui all'art. 3 della Legge 281 del 1998, normativa integralmente abrogata dal Codice del consumo, il cui art. 140 sostanzialmente viene a sostituire lo strumento di cui al citato art. 3 . Quest'ultima, in particolare, possedeva un raggio d'azione particolarmente ampio, consentendo al Giudice l'analisi e la critica non soltanto di condotte antecedenti alla stipulazione del contratto, bensì anche dell'attività susseguente e non prettamente legata alla conclusione dello specifico rapporto, quale la determinazione del prezzo e le modalità di erogazione della prestazione (cfr. sul punto Conti, Ai nastri di partenza l'inibitoria a tutela degli interessi collettivi ex art.3 l.n.281/1998, in Corriere Giuridico, 2001, pp. 389 e ss.; Tribunale Torino, 03/10/2000 ) Si pensi anche al contenuto pratico della pronunzia di altra corte di merito, giunta al punto di imporre ad un istituto bancario, quale provvedimento atto ad eliminare gli effetti delle violazioni accertate, il ricalcolo degli interessi anatocistici non dovuti dal cliente (Tribunale di Palermo, Sez. III, sentenza del 22 giugno 2006 ). La tutela di cui all'art. 37 del Codice del consumo (già art. 1469 sexies cod. civ. ) possiede, sotto questo profilo, una portata notevolmente inferiore, non potendo, in particolare, sortire alcun effetto relativamente ai contratti abusivi già posti in essere prima della pronunzia.
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nota2

In tal senso Bellelli, in Commentario al capo XIV bis del codice civile: dei contratti del consumatore. Art. 1469-bis.1469-sexies del Codice Civile, a cura di Bianca-Busnelli, Padova, 1999, p. 940, il quale sostiene che "il giudizio di vessatorietà delle condizioni generali in sede di inibitoria non può prescindere dalla natura astratto-collettivo del rimedio".
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nota3

Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 393.
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nota4

Secondo Astone, Inibitoria collettiva e clausole vessatorie: prime disavventure applicative dell'art. 1469 sexies c.c, in Vita notarile, 1997, p. 125, sussistono i giusti motivi d'urgenza in presenza di condizioni contrattuali relative a beni di interesse essenziale e primario dei consumatori, che verrebbero altrimenti ad essere irreversibilmente o irreparabilmente pregiudicati. Analogamente Di Majo, Giusti motivi d'urgenza: atto secondo, il dolo del professionista, in Corr.giur., 1998, p.1091.
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Bibliografia

  • ASTONE, Inibitoria collettiva e clausole vessatorie: prime disavventure applicative dell'art. 1469 sexies c.c., Vita notarile, 1997
  • BELLELLI, Padova, Comm. capo XIV bis cod.civ., 1999
  • CONTI, Ai nastri di partenza l'inibitoria a tutela degli interessi collettivi ex art.3 l.281/98, Corriere giuridico, 2001
  • DI MAJO, Giusti motivi d'urgenza: atto secondo, il dolo del professionista, Corr.giur., 1998

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