Usucapione di fondo agricolo: elementi del possesso uti dominus. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 1796 del 20 gennaio 2022)

In relazione alla domanda di accertamento dell'intervenuta usucapione della proprietà di un fondo destinato ad uso agricolo, non è sufficiente, ai fini della prova del possesso "uti dominus" del bene, la sua mera coltivazione, poiché tale attività è pienamente compatibile con una relazione materiale fondata su un titolo convenzionale, o sulla mera tolleranza del proprietario, e non esprime comunque un'attività idonea a realizzare l'esclusione dei terzi dal godimento del bene, che costituisce l'espressione tipica del diritto di proprietà. A tal fine, pur essendo possibile, in astratto, per colui che invochi l'accertamento dell'intervenuta usucapione del fondo agricolo, conseguire senza limiti la prova dell'esercizio del possesso "uti dominus" del bene, la prova dell'intervenuta recinzione del fondo costituisce, in concreto, la più rilevante dimostrazione dell'intenzione del possessore di esercitare, sul bene immobile, una relazione materiale configurabile in termini di ius excludendi alios, e dunque di possederlo come proprietario, escludendo i terzi da qualsiasi relazione di godimento con il cespite predetto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Non basta, ai fini dell'usucapione, il fatto di avere la mera disponibilità materiale del fondo, provvedendo alla coltivazione dello stesso: è questa la sintesi della decisione della S.C. che ha osservato come una siffatta condotta possa ben essere il frutto di un accordo tra proprietario e detentore (es.: comodato) quando non addirittura di semplice tolleranza. Ben differente sarebbe la valutazione di una condotta quale il recintare il fondo, chiara manifestazione esteriore del fatto di considerarlo proprio. Cfr. in senso analogo, Cass. civile, sez. II 2013/10894.

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