Rinnovare il preliminare eseguito con scrittura privata per atto notarile? Non giova allo scopo di far conseguire al promissario acquirente la protezione privilegiata ex art. 2775 bis cod.civ. se in capo a costui sussiste la scientia decotionis. (Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 18181 del 5 luglio 2019)

In presenza della prova della "scientia decoctionis", può essere revocato, ai sensi dell'art. 67, co. 2, L. Fall., il contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato con atto pubblico nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore, prima già redatto con scrittura privata, in quanto volto a costituire in favore del promissario acquirente un diritto di prelazione, sfruttando gli effetti dell'art. 2775 bis c.c., che non nasce da una fattispecie legale, in sé non suscettibile di revoca, ma consegue alla formazione di un atto negoziale, volto esclusivamente alla rinnovazione del primo contratto con le forme idonee alla trascrizione, senza che abbia rilievo il fatto che tale atto non riguardi crediti contestualmente creati, posto che la valutazione negativa dell'ordinamento nei confronti della violazione delle regole della "par condicio creditorum", resa manifesta nel disposto dell'art. 67, co. 1, L. Fall. con riguardo alla costituzione negoziale di garanzie per crediti preesistenti anche non scaduti, vale "a fortiori" anche per gli atti costitutivi di diritti di prelazione che riguardino crediti già sorti.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nella fattispecie le parti avevano già perfezionato il contratto preliminare di vendita immobiliare per scrittura privata priva di autenticazione notarile. Per tale via non solo non sarebbe stato possibile per il promissario acquirente giovarsi della tutela propria della pubblicità (non già dichiarativa, bensì "prenotativa", come per la trascrizione delle domande giudiziali), ma neppure fruire della causa legittima di prelazione di cui all'art. 2775 bis cod.civ., consistente nel privilegio speciale che ne assiste il credito corrispondente agli importi anticipati al promittente alienante. Proprio per poter fruire degli effetti di tale privilegio le parti si erano intese nel senso di dar corso ad un atto notarile riproduttivo dell'impegno preliminare già perfezionato, ma secondo i Giudici l'escamotage non funziona quando sia provata la conoscenza dello stato di insolvenza in capo al promissario acquirente. L'atto è in tal caso assoggettabile a revocatoria fallimentare ogniqualvolta sia stato posto in essere nel termine di sei mesi antecedenti alla pronunzia dichiarativa di fallimento.

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