Gli accertamenti mediante il c.d. redditometro contrastano col diritto alla riservatezza della persona. Ne segue la praticabilità della disapplicazione del d.m. Ministero Economia 24 dicembre 2012 n.65648, affetto da radicale nullità. (Tribunale di Napoli, 21 febbraio 2013)

Considerato che l’art. 5, L. n. 2248 del 1865, alleg. E, impone al giudice di non applicare gli atti amministrativi e i regolamenti non conformi alla legge, deve essere disapplicato perché contrario a fondamentali principi costituzionali e comunitari del diritto alla riservatezza della persona e al buon andamento della pubblica amministrazione il d.m. Economia 24.12.2012, che deve pertanto considerarsi radicalmente nullo ne consegue che manca il presupposto previsto perché l’Agenzia delle Entrate possa eseguire gli accertamenti sintetici mercé il cosiddetto redditometro e dunque deve ordinarsi, nei confronti del contribuente parte in causa, all’Agenzia delle Entrate di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione, o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati relativi a quanto previsto dall’art. 38, IV e V comma, d.p.r. n. 6001973 e di cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente e di comunicare formalmente al contribuente se è in atto un’attività di raccolta dati nei suoi confronti ai fini dell’applicazione del redditometro e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi previa specifica informazione.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia in esame potrebbe essere indicata come una delle più rilevanti affermazioni delle libertà individuali contro il vero e proprio assalto condotto da un potere statale tanto ottusamente cieco quanto inarrestabilmente incontestabile. Il c.d. "redditometro" costituisce, in questo senso, uno dei principali strumenti volti a determinare in maniera standardizzata ed automatica, per il tramite dell'assunzione di dati personali relativi a situazioni quali i consumi familiari, le abitudini di vita, i prestiti contratti, il possesso di veicoli, la frequentazione di palestre, di circoli privati, i redditi di un contribuente, contestualmente determinando l'inversione dell'onere della prova. Quest'ultimo, coniugato con la natura esecutiva degli accertamenti condotti dall'amministrazione delle finanze, ha finito per costituire non tanto un deterrente avverso l'evasione fiscale, quanto un vero e proprio strumento di vessazione e di ricatto anche nei confronti di chi, cittadino onesto, ha semplicemente effettuato spese considerate "fuori linea" rispetto alle previsioni astrattamente predeterminate "a tavolino".
La portata pratica della pronunzia è notevole, stante la possibilità per il Giudice ordinario di disapplicare i provvedimenti amministrativi nulli, come per l'appunto il decreto ministeriale in parola.

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