Capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno. Inapplicabilità al beneficiario del I°comma dell'art. 774 cod. civ., norma che concerne l'interdetto e l'inabilitato. (Corte Cost., sent. n. 114 del 10 maggio 2019)

Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d'ufficio, ritenga di limitarla –- nel provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione - tramite l'estensione, con esplicita clausola ai sensi dell'art. 411, co. 4, primo periodo, c.c., del divieto previsto per l'interdetto e l'inabilitato dall'art. 774, co. 1, primo periodo, c.c.

Commento

(di Daniele Minussi) La Corte costituzionale interviene sul delicato tema della possibilità per il beneficiario di amministrazione di sostegno di porre in essere atti di liberalità. L'angolo visuale era peculiare: la Consulta ha infatti ritenuto non fondate le questioni sollevate dal Giudice tutelare del Tribunale di Vercelli in riferimento al I comma dell’articolo 774 cod.civ. attinente alla capacità di donare. Si trattava di sindacare la legittimità alla stregua degli artt. 2 e 3 Cost. di tale norma nella parte in cui non prevede che siano consentite, con le forme abilitative richieste, le donazioni da parte dei beneficiari di amministrazione di sostegno.
La Corte ha rilevato come fosse errato il presupposto ermeneutico in forza del quale divieto di donazione stabilito dalla disposizione in parola avesse a sortire effetti anche in riferimento ai beneficiari di amministrazione di sostegno. Secondo la Consulta infatti il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva integra la propria capacità di donare, a meno che il giudice tutelare, anche d’ufficio, avesse reputato di limitarla, “tramite l’estensione, con esplicita clausola ai sensi dell’art. 411, quarto comma, primo periodo, cod. civ., del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato dall’art. 774, primo comma, primo periodo, cod. civ.”. Non v'è dunque alcuna esigenza di censurare la norma in odore di incostituzionalità: basta correttamente interpretarla. Insomma: la "palla" passa, in generale, ai Giudici Tutelari che hanno il compito di emanare provvedimenti "su misura".

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