Rapporti tra possessore dei beni ereditari ed erede vero



L'art. 535 cod.civ. disciplina i rapporti tra colui che possiede i beni ereditari (dotato o meno della qualità di erede apparente) e l'erede vero. Il I comma della disposizione si limita a compiere un rinvio alle norme dettate in materia di possesso (che a propria volta contemplano la restituzione dei frutti, le spese, i miglioramenti e le addizioni). E' stato deciso che la norma non rinvenga applicazione nell'ipotesi del condividente che abbia goduto senza titolo in via esclusiva del bene ereditario, essendo destinata a disciplinare la diversa ipotesi relativa a chi sia convenuto in petitio hereditatis (Cass. Civ. II Sez., 640/2014).
Il II comma invece assume in considerazione l'eventualità in cui il possessore in buona fede (che si identifica in colui che ha acquisito il possesso ignorando senza colpa grave il diritto dell'erede vero nota1 ) abbia alienato, sempre in buona fede, un bene appartenente all'eredità.

Ciò premesso, quanto alla restituzione dei frutti si farà riferimento all'art. 1148 cod.civ. ai sensi del quale il possessore di buona fede si appropria dei frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e dei frutti civili maturati fino allo stesso giorno. Si fa dunque riferimento alla normativa in materia di possesso, dovendosi la buona fede presumere (Cass. Civ., Sez. II, 12798/2014).
Nel caso contrario, in cui cioè il possessore non può dirsi in buona fede, si reputa che egli debba restituire sia i frutti percepiti, sia, a titolo risarcitorio, quelli che avrebbe potuto percepire impiegando l'ordinaria diligenza. Per ciò che riguarda il rimborso delle spese sostenute (che, come tale spetta sia al possessore di buona fede sia a quello di mala fede), è d'uopo differenziare tra gli esborsi sostenuti per sovvenire alle riparazioni straordinarie (I comma art. 1150 cod.civ.), quelli funzionali alla produzione dei frutti (art. 1149 cod.civ., il quale richiama espressamente l'art.821 cod.civ.), infine quelle afferenti alle riparazioni ordinarie (IV comma art. 1150 cod.civ.). Soltanto nella prima ipotesi il possessore ha diritto ad essere rimborsato per intero, mentre nel secondo e nel terzo la rivalsa è limitata alle spese sostenute in relazione ai frutti che devono essere restituiti all'avente diritto.

Per i miglioramenti in ogni caso il possessore ha diritto (II e III comma art. 1150 cod.civ.) ad indennità per i miglioramenti arrecati alla cosa, a condizione che sussistano al tempo della restituzione. L'ammontare dell'indennità cambia: se il possessore era in buona fede esso viene determinato nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, qualora invece il possessore deve qualificarsi di mala fede, l'indennità si determina nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore della cosa.

Le addizioni possono sostanziarsi in un miglioramento della cosa. Se il possessore è di buona fede l'indennità a favore del medesimo è dovuta (V comma art.1150 cod.civ.) nella misura dell'aumento di valore arrecato alla cosa. Altrimenti si applica l'art. 936 cod.civ. nota2 .

Si disputa circa la spettanza, in favore del possessore di buona fede, del diritto di ritenzione relativamente alla cosa posseduta in relazione al pagamento delle somme e delle indennità di cui sopra. Anche se non mancano pareri affermativi, sulla scorta di un'applicazione diretta dell'art.1152 cod.civ. nota3, la giurisprudenza si è pronunziata in senso contrario, essendosi rilevato come l'eccezionalità della norma ne impedisca l'applicazione analogica (Cass.Civ. Sez. II, 837/86 ).

Note

nota1

Si ritiene infatti che "la buona fede consista nel convincimento, determinato da errore, di fatto o di diritto, di essere erede indipendentemente dalla esistenza di un titolo anche se inidoneo a determinare l'acquisto dell'eredità" (Palazzo, Le successioni, in Tratt.dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2000, p.432) e per la sua valutazione occorre fare riferimento al momento dell'acquisto (Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.564). Di conseguenza è possessore di buona fede anche colui che erroneamente ritiene che il de cuius abbia testato a suo favore, mentre non esiste alcun testamento, come anche colui che crede di essere legato da vincoli di parentela con il de cuius, quando in realtà tali vincoli non sussistono.
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nota2

Il coordinamento dell'art.936 cod.civ. con l'art.535 cod.civ. implica che ogniqualvolta il primo di detti articoli si riferisca al "proprietario" si debba, nel nostro caso, fare riferimento all'erede effettivo (Prestipino, op.cit., p.567).
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nota3

Così Ferri, Successioni in generale, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1980, p.232 e Cicu, Successioni per causa di morte, Parte generale, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, 1961, p.254.
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Bibliografia

  • FERRI, Successioni in generale. Art.456 - 511, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1980
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981

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