Trasformazione regressiva: problemi posti dalla disciplina previgente



L'art. 2500 sexies cod. civ. , introdotto ex novo dal legislatore del 2003, ha risolto i problemi sorti in vigenza della precedente disciplina. La carenza del dettato normativo, infatti, causava dubbi sulle modalità procedimentali che dovevano essere attuate per poter procedere all'operazione di trasformazione. in particolare si dibatteva sul quorum necessario per l'approvazione della delibera di trasformazione. A fronte di chi riteneva necessaria l'approvazione all'unanimità, vi era chi sosteneva la possibilità di deliberare a semplice maggioranza, nel rispetto delle regole previste dal codice per i vari tipi di società. Coloro che propendevano per una deliberazione all'unanimità fondavano la loro posizione sull'assunto per cui ciascun socio sarebbe stato titolare di un vero e proprio diritto al mantenimento del beneficio della responsabilità limitata, diritto non sacrificabile dall'esito di una deliberazione assembleare senza il consenso del diritto interessato (cfr. Tribunale di Cagliari, 21/12/1994; Tribunale di Verona, 29/06/1995 ) nota1. Contrariamente a tale tesi, altra parte della dottrina ribatteva che la responsabilità limitata non è una "situazione soggettiva del socio", ma solo una caratteristica che inerisce alla forma societaria prescelta di cui segue le sorti, venendo meno in caso di trasformazione nota2.

La norma di cui all'art. 2500 sexies cod. civ. ha fatto venire meno le ragioni del dibattito, disponendo che devono essere seguite le maggioranze previste per le modifiche allo statuto sociale , con ciò recependo la tesi di chi, già anteriormente alla riforma, pur non richiedendo la totalità dei consensi dei soci, ribadiva la necessità che vi fosse il voto favorevole di coloro che avrebbero assunto la responsabilità illimitata nella società risultante dalla trasformazione nota3.

Sempre in vigenza della disciplina precedente la riforma, il passaggio da una società di capitali ad una società di persone poneva la delicata questione della responsabilità dei soci per le obbligazioni sorte anteriormente alla trasformazione.

La dottrina prevalente, partendo dal presupposto che ai sensi dell'art. 2269 cod. civ. "chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio", rilevava che lo stesso principio era applicabile in via analogica alla trasformazione. In caso contrario tale procedimento sarebbe stato passibile di utilizzazione in chiave elusiva, allo scopo di sottrarre ai creditori sociali la garanzia per essi prevista dalla legge nota4.

A tale impostazione si opponeva la tesi minoritaria di chi riteneva l'art. 2269 cod. civ. una norma speciale, di difficile giustificazione alla luce del diritto positivo, avente dunque carattere eccezionale e, in quanto tale, insuscettibile di interpretazione analogica nota5. Ciò senza contare poi che l'articolo in esame esprime "..l'esigenza di tutelare il principio di posizione egualitaria che deve esistere tra i soci rispetto all'attività e al patrimonio sociale nota6."

Le suesposte impostazioni teoriche non sono state accolte dal legislatore della riforma, il quale, al contrario, ha recepito la posizione di chi sosteneva un'applicazione analogica del previgente art. 2499 I comma, cod. civ. anche alle ipotesi di trasformazione regressiva nota7.

Secondo tale dottrina, che partiva dal presupposto secondo cui la protezione del ceto creditorio fosse (ed è tuttora) il filo conduttore dell'intera disciplina della trasformazione, atteso che nelle società personali la tutela patrimoniale offerta ai creditori stessi è piuttosto debole, data la commistione del patrimonio sociale con quello personale, sarebbe stato giocoforza ritenere preferibile un'interpretazione ampia della portata dell'art. 2499 cod.civ. comprendente anche ai soci che assumono ex novo la responsabilità illimitata. Si parlava al riguardo di "responsabilità sopravvenuta".

Questa è proprio l'impostazione accolta dalla riforma societaria, che, a ben vedere, si pone come meno lesiva degli interessi dei soci. Essi, a trasformazione avvenuta, continuano a godere dei benefici derivanti dall'attività in precedenza svolta dalla società trasformata e, di conseguenza, non vi è alcuna ragione perché non rispondano anche con il proprio patrimonio personale delle obbligazioni assunte sotto il precedente regime di responsabilità nota8.

La riforma del 2003 ha altresì eliminato un ulteriore ostacolo alla trasformazione delle società di capitali in società di persone, ostacolo rappresentato dall'ipotesi in cui tra i soci della società trasformanda vi siano persone giuridiche.

La giurisprudenza della suprema Corte riteneva infatti invalida la partecipazione di società di capitali in società di persone, quand'anche nella mera qualità di socio accomandante di società in accomandita semplice. Ne discendeva l'inammissibilità di una trasformazione in tale tipo (Cass. Civ. Sez. Unite, 5636/88; Cass. Civ. Sez. I, 738/99; Appello di Firenze, 19/03/1986; Tribunale di Torino, 24/02/1998; Tribunale di Roma, 21/01/1983; contra, Tribunale di Lecco, 14/12/1990; Appello di Milano, 03/06/1982).
nota9.

Attualmente l'ostacolo è stato rimosso dal nuovo II comma dell'art. 2361 cod. civ. il quale prevede espressamente l'ipotesi di partecipazione in società di persone da parte di società di capitali.

Note

nota1

Cfr. Simonetto, Della trasformazione e della fusione delle società, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1976, pp. 113 e ss..
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nota2

Cfr. Buonocuore, Le situazioni soggettive dell'azionista, Pompei, 1960, p. 259; Silvetti, Trasformazione e fusione di società, in N.mo Dig. It., vol. XIX, pp. 539 e ss..
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nota3

Cfr. Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1987, p. 640, nota 7.
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nota4

In questo senso, tra gli altri, Cagnasso, La trasformazione delle società, in Giur. sist. dir. civ. e comm. dir. da Bigiavi, 1990, p. 179; Simonetto, op. cit., p. 159, nota 1; Cottino, Diritto commerciale, Padova, 1987, p. 639.
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nota5

Per De Gregorio, Corso di diritto commerciale, Milano, 1952, p. 366, il fatto che con la trasformazione non muti la compagine sociale è ritenuto argomento sufficiente per negare l'interpretazione analogica dell'art. 2269 cod. civ. .
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nota6

Cfr. Patriarca, Trasformazione regressiva e principio di maggioranza, Padova, 1988.
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nota7

Cfr. sempre Patriarca, op.cit., pp. 31 e ss..
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nota8

In tal senso cfr. per tutti Cagnasso, op.cit., p. 180.
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nota9

Unica eccezione era, per taluno, rappresentata dal fatto che la società partecipante fosse estera, assumesse la veste di socio accomandante nella s.a.s. e non vi fossero divieti derivanti dall'ordinamento nazionale della società estera: cfr. Massime del Tribunale di Como, in Riv. del Notariato, vol. LIII, 1999, t. 2, p. 774.
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Bibliografia

  • BUONOCORE, Le situazioni soggettive dell'azionista, Pompei, 1960
  • CAGNASSO-IRRERA, La trasformazione delle società, Torino, Giur. sistem. di dir. civ. e comm. dir. da Bigiavi, 1990
  • COTTINO, Diritto commerciale, Padova, 1987
  • DE GREGORIO, Corso di diritto commerciale, Milano, 1952
  • DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1987
  • PATRIARCA S., Trasformazione regressiva e principio di maggioranza, Padova, 1988
  • SILVETTI, Trasformazione e fusione di società, N.mo Dig. It., XIX
  • SIMONETTO, Delle società.Trasformaz. e fusione delle società, Bologna-Roma, Comm.cod.civ. di Scialoja-Branca, a cura di Galgano, 1976

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