Risoluzione per vizi e difetti nel contratto di appalto



Ai sensi del II comma dell'articolo 1668 cod.civ. il committente può domandare la risoluzione del contratto di appalto unicamente se i vizi o le difformità di cui sia affetta l'opera siano di notevole entità, tali, in particolare, da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione (Cass. Civ. Sez. I, 1395/96 ). Il I comma della stessa norma prevede, negli altri casi di minor gravità, rimedi differenti dalla risoluzione, quali l'eliminazione dei vizi, la riduzione del prezzo ed il risarcimento del danno (Cass. Civ. Sez. II, 1334/96 )..

Come appare chiaro, l'azione di risoluzione ex II comma art. 1668 cod.civ. risulta connotata da presupposti di maggiore gravità rispetto alla azione generale prevista dall'art. 1453 cod.civ., la quale richiede, ai sensi dell'art. 1455 cod.civ. , che l'inadempimento debba essere di non scarsa importanza (Cass. Civ. Sez. II, 9613/90 ) nota1.

Si disputa circa l'ammissibilità, da parte del committente, di domandare in principalità la risoluzione del contratto e, in subordine, l'eliminazione dei vizi o la riduzione del prezzo nota2. Si badi che, in tal caso, non si tratta di introdurre una domanda di risoluzione e, contemporaneamente, una di manutenzione del contratto (ciò che sarebbe precluso dal principio generale di cui all'art. 1453 cod.civ. , ai sensi del quale, una volta richiesta la risoluzione non si potrebbe più agire per l'adempimento).

L'ipotesi è che, una volta scartata l'eventualità che l'inadempimento sia di tale gravità da rendere del tutto inadatta l'opera, l'appaltante non rimanga privo di una residua tutela. Occorre a tal proposito verificare le due fattispecie previste dell'art. 1668 cod.civ. : la norma infatti prevede che soltanto quando l'opera risulti del tutto inservibile si possa agire per la risoluzione, diversamente dovendo il committente limitarsi a chiedere l'eliminazione dei vizi o l'accertamento del minor valore di quanto realizzato. Il problema allora non è quello di introdurre due domande incompatibili, bensì piuttosto di non precludere all'autorità giudiziaria la possibilità di pronunziare, una volta accertata la gravità dei difetti e l'utilizzabilità o meno di quanto realizzato, una sentenza adeguata (Cass. Civ. Sez. II, 4921/93 ). A questo proposito il committente, che non può certo ipotizzare l'esito del giudizio, articolerà le due domande in via alternativa l'una rispetto all'altra (insterà cioè per la risoluzione e, nel caso di accertamento di una qualche residua utilizzabilità dell'opera, per l'eliminazione dei vizi o la riduzione del prezzo nonchè, in ogni caso, per il risarcimento del danno) nota3.

Note

nota1

Cfr. Cagnasso, in Comm. cod. civ., diretto da Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p.1215; Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ., libro IV, Torino, 1991, p.448.
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nota2

In senso positivo Rubino, L'appalto, in Trattato dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1980, p.553 e ss..
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nota3

Così Mangini, Iacuaniello Bruggi, Il contratto di appalto, in Giur. sist. dir. civ. e comm., diretta da Bigiavi, Torino, 1997, p.326 e ss..
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Bibliografia

  • CAGNASSO, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, IV, 1999
  • MANGINI-BRUGGI, Il contratto di appalto, Torino, Giur.sist.di dir.civ.e comm.Bigiavi, 1997
  • MIRABELLI, Dei singoli contratti, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1968
  • RUBINO, L'appalto, Torino, Trattato Vassalli, 1980

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