Natura giuridica della determinazione dell'arbitratore



Disputata è la natura giuridica della determinazione che l'arbitratore effettua ai sensi dell'art. 1349 cod.civ. ovvero nelle ulteriori ipotesi in cui è ammessa tale forma di intervento (cfr. artt. 631, 632 cod.civ.).

Tra gli interpreti sono state sostenute varie tesi: da quella della determinazione come atto avente natura negoziale nota1 fino a quella, diametralmente opposta, della determinazione come mero fatto giuridico nota2.

I fautori della prima opinione concepiscono l'arbitratore quasi come un mandatario munito di poteri rappresentativi: in buona sostanza egli si sostituirebbe alle parti nella determinazione dell'oggetto o degli ulteriori elementi la cui specificazione gli è stata affidata nota3 .

E' stato tuttavia osservato che la rappresentanza ha a che fare con il potere esterno di compiere un atto per la parte di fronte ai terzi; l'arbitratore invece è chiamato ad esprimere una determinazione interna, che si situa nella cornice negoziale predisposta dalle parti. Egli non spende il nome altrui imputando l'attività che svolge alla parte: svolge in nome proprio un'attività i cui effetti ricadono sul rapporto negoziale per volontà delle parti nota4.

Il rilievo sembra convincente per quanto attiene all'assenza di spendita del nome: non tuttavia per quanto riguarda l'esercizio di un potere destinato a sortire effetti esteriori.

In questo senso, la figura dell'arbitratore appare corrispondente a quella di un mandatario che opera non già semplicemente per conto di una sola delle parti, bensì per entrambe. Stante la peculiare natura giuridica dell'attività demandatagli (la determinazione di un elemento del contratto) non è poi neppure il caso di porsi il problema dell'esistenza o meno di poteri rappresentativi. Il nodo è automaticamente superato, perché le parti hanno deferito all'arbitratore il potere ( nomine proprio ) di incidere sul contenuto stesso del contratto quasi fosse lui la parte, vale a dire sostituendosi alle parti stesse. L'effetto pratico è analogo a quello della rappresentanza diretta: si produce automaticamente l'integrazione del contratto, che viene considerato stipulato dalla parti. Non occorre cioè alcun ulteriore atto inteso a riversare gli effetti della determinazione del terzo. Non si può tuttavia parlare di rappresentanza diretta perché, come esattamente rilevato, l'arbitratore non spende il nome altrui: in definitiva sembra trattarsi di un'ipotesi sui generis di mandato deferito da entrambe le parti, per sua natura direttamente produttivo di efficacia inter partes.

Quanto riferito non appare ancora concludente circa la natura giuridica della determinazione dell'arbitratore. Come è noto, il mandato può avere ad oggetto anche attività materiali o mere operazioni che non devono forzatamente possedere le caratteristiche di un'attività negoziale.

Effettivamente è arduo qualificare l'attività dell'arbitratore come avente natura negoziale: gli effetti della determinazione consistono nell'integrazione del contratto e si producono in forza della volontà delle parti stesse del contratto, le quali hanno stabilito, per l'appunto, di deferire tale operazione ad un terzo. Non si può dunque parlare di un intento negoziale dell'arbitratore, il quale è chiamato a svolgere un compito che può consistere nell'approntamento di calcoli, conteggi, nel riferirsi ad elementi che egli conosce in considerazione di una sua specifica competenza nota5 . Assai delicato in questo senso è il discrimine tra l'arbitraggio e la perizia contrattuale, consistente nell'incarico di procedere ad un accertamento tecnico (Cass.Civ. Sez. I, 6162/82 ).

La differenza può essere ricercata nell'aspetto più squisitamente tecnico dell'operato del perito, il quale, pertanto, non ha la possibilità di far uso di un equo apprezzamento. Nella prassi la differenza tra le due figure può assumere un rilievo meramente quantitativo: non a caso, parte della dottrina reputa che la perizia contrattuale debba essere ricondotta all'arbitraggio nota6.

Pare così più appropriato fare riferimento alla determinazione del terzo come ad un mero atto giuridico che si inserisce nella cornice contrattuale prevista dalle parti con una sua propria peculiare valenza nota7 . La legge tipizza, infatti, le ragioni che possono legittimare un'impugnativa dell'operato dell'arbitratore. In proposito l'art. 1349 cod.civ. distingue a seconda del fatto che le parti si siano rimesse all'equo apprezzamento dell'arbitratore (c.d. arbitrium boni viri ) ovvero alla mera determinazione di costui ( arbitrium merum ).

Note

nota1

Biamonti, voce Arbitrato, in Enc.dir., II, 1958, p.952 e Carresi, Il contratto, in Trattato di dir.civ. e comm., dir. da Cicu-Messineo, Milano, 1987, p.203.
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nota2

Scognamiglio, Dei contratti in generale, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, p.390.
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nota3

Così Ascarelli, Arbitri e arbitratori. Studi in tema di contratti, Milano, 1952, p.205.
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nota4

Bianca, Diritto civile, Il contratto, vol.III, Milano, 2000, p. 332.
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nota5

Per questi motivi alcuni Autori configurano l'atto di determinazione del terzo come una dichiarazione di scienza: così Gazzoni, Manuale di dir.priv., Napoli, 1996, p.848 e Vasetti, voce Arbitraggio, in N.sso Dig.it., I, 1958, p.830.
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nota6

Mirabelli, Dei contratti in generale, in Comm.cod.civ., IV, Torino, 1967, p.165.
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nota7

In questo senso Bianca, Diritto civile, Il contratto, vol.III, cit., p.332 e Scognamiglio, Dei contratti in generale , cit., p.390, il quale sottolinea il collegamento esistente tra l'atto di determinazione ad opera del terzo ed il contratto, in ragione del patto di arbitraggio in forza del quale l'atto del terzo si trova ad incidere direttamente sulla stessa situazione effettuale.
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Bibliografia

  • ASCARELLI, Arbitri e arbitratori. Studi in tema di contratti, Milano, 1952
  • BIAMONTI, Arbitrato, Enc.dir., II, 1958
  • CARRESI, Il contratto, Milano, Tratt. dir.civ. dir da Cicu-Messineo cont. Mengoni, 1987
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, Comm. cod. civ., vol. IV, 1967
  • SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale. Disposizioni preliminari, Dei requisiti del contratto (Artt. 1321-1352), Bologna-Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja-Branca, 1970
  • VASETTI, Arbitraggio, N.sso Dig.it, I, 1958

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