Natura giuridica dei poteri del chiamato



Disputata è la natura giuridica dei poteri di vigilanza ed amministrazione del chiamato all'eredità (possessore o non possessore). Secondo un'opinione si tratterebbe di un ufficio di diritto privato nota1. In capo al chiamato sussisterebbe un potere-dovere di provvedere alla conservazione dei beni ereditari a far tempo dall'apertura della successione fino all'accettazione dell'eredità.

Secondo un'altra impostazione al chiamato non potrebbe essere imposto alcun obbligo: a mente dell'art.460 cod.civ. il chiamato "può compiere atti conservativi...". La norma fa significativamente riferimento ad una condotta facoltativa che appare imperniata sull'evidente interesse che il chiamato, al quale sono offerti i beni ereditari, ha in ordine alla buona ammministrazione del compendio ereditario a lui medesimo destinato nota2.

Quest'ultima appare la tesi preferibile. Occorre riflettere sul fatto che il chiamato può essere nel possesso dei beni ereditari o meno. Nel primo caso, decorso un certo tempo, diviene erede puro e semplice a meno che entro i termini di legge abbia attivato la procedura inventariale, nel secondo caso apparirebbe incongruo che fosse onerato da un obbligo di custodia ed amministrazione, potendo addirittura ignorare l'esistenza di tutti o di parte dei beni ereditari nota3.

La teoria dell'obbligatorietà dell'attività di amministrazione del chiamato, d'altronde, postula l'individuazione dei soggetti titolari dell'eventuale diritto al risarcimento dei danni per la negligente condotta, soggetti che altri non sarebbero se non i chiamati in subordine. La legge ha tuttavia per costoro approntato uno strumento assai più agile: se il chiamato temporeggia e non decide se accettare o meno, sarà infatti possibile per chiunque vi abbia interesse far fissare un termine per l'accettazione del chiamato in difetto della quale costui perderà il diritto di accettare (actio interrogatoria: art. 481 cod.civ. ).

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Note

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Azzariti-Martinez, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1982, p.160; D'Amelio, Dell'apertura della successione, della delazione e dell'acquisto dell'eredità, in Comm. cod. civ., Firenze, 1941, p.39 e, in particolare, Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, vol. I, Milano, 1968, p.63. Questa teoria si basa sulla considerazione che il chiamato non amministra beni propri e, quindi, non può astenersi dal provvedere alla loro conservazione.
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nota2

Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione ed acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol.XII, Milano, 1961, p.139; Giannattasio, Delle successioni: delle successioni testamentarie (Artt.587-712), in Comm. cod. civ., libro II, t.3, Torino, 1980, p.34, Ferri, Disposizioni generali sulle successioni (Artt.456-511) , in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, p.137; Grosso-Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, vol.XII, t.1, Torino, 1977, p.157; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, 1977, p.519. Giova un parallelo tra il modo di disporre dell'art. 460 cod.civ. equello dell'art. 529 cod.civ. in tema di curatela dell'eredità giacente. Si consideri anche l'art.703 cod.civ. riferito all'esecutore testamentario. Curatore ed esecutore indubbiamente sono gravati dall'obbligo di amministrare il compendio ereditario nell'interesse altrui.
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Sulla base di questa distinzione una recente dottrina (Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000, p.605) ritiene che nei confronti del chiamato possessore potrebbe configurarsi un vero e proprio dovere di amministrare in quanto sarebbe ravvisabile in esso un curatore ex lege, titolare pertanto di un ufficio di diritto privato. Eguali conclusioni invece non potrebbero trarsi in presenza di un chiamato non possessore, giacchè ricorrerebbero i presupposti per la nomina di un curatore dell'eredità giacente, tenuto a svolgere l'attività di amministrazione e conservazione dei beni ereditari. La principale obiezione che viene mossa (cfr. Santarcangelo, La volontaria giurisdizione nell'attività negoziale, Milano, 2003, p.138) si fonda sulla considerazione che nessuna norma giuridica impone un siffatto obbligo sul chiamato possessore, laddove le esigenze di tutela dell'asse ereditario sono salvaguardate dall'operare dell'art. 485 cod. civ. , che prevede, in presenza di determinati requisiti, un'accettazione presunta a favore del chiamato nel possesso dei beni.
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Bibliografia

  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • CICU, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione ed acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, Milano, Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu-Messineo, vol. XII, 1961
  • D'AMELIO, Dell'apetura della successione, della delazione e dell'acquisto dell'eredità, Firenze, Comm.cod.civ., 1941
  • F.S. AZZARITI - MARTINEZ - G.AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979
  • FERRI, Disposizioni generali sulle successioni, Bologna Roma, Comm.cod.civ. Scialoja Branca, 1997
  • GIANNATTASIO, Delle successioni, Torino, Comm.cod.civ., 1959
  • GROSSO-BURDESE, Le successioni. Parte generale, Torino, Tratt.dir.civ. it. diretto da Vassalli, XII - t.1, 1977
  • IANNUZZI, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000
  • NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, I, 1968
  • SANTARCANGELO, La volontaria giurisdizione nell'attività negoziale , Milano, 1985

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