La buona fede oggettiva come regola generale di comportamento



Il codice civile annovera una pluralità di norme che si riferiscono variamente alla buona fede quale criterio generale di carattere oggettivo alla stregua del quale valutare la condotta delle parti (c.d. buona fede oggettiva). A mente dell'art. 1337 cod.civ., dettato in tema di responsabilità precontrattuale, le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede nota1. La buona fede viene qui evocata nella fase che precede il perfezionamento del vincolo contrattuale. L'art. 1375 cod.civ., in tema di contratto, prescrive che quest'ultimo deve essere eseguito secondo buona fede nota2. Può essere considerata una specificazione di questo generico precetto l'art. 1358 cod.civ. nota3 che riguarda il modo di comportarsi delle parti di un contratto al quale sia stata apposta una clausola condizionale: durante lo stato di pendenza, colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva deve comportarsi secondo buona fede per conservare integre le ragioni dell'altra parte. Altrettanto è a dirsi (nel senso, cioè, che si tratti di una specificazione del principio generale di cui all'art. 1375 cod.civ.) per quanto riguarda il rimedio dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 cod.civ., il quale può essere utilizzato dal contraente non inadempiente soltanto se il rifiuto di adempiere, tenuto conto delle circostanze, non appare contrario alla buona fede. L'art. 1366 cod.civ. stabilisce inoltre che il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, istituendo quest'ultima come canone ermeneutico per così dire "centrale", interposto tra le regole di interpretazione c.d. soggettiva (artt. 1362 , 1363 , 1364 , 1365 cod.civ.) ed oggettiva (artt. 1367 , 1368 , 1369 , 1370 , 1371 cod.civ.) nota4. Se si tiene conto della ancor più ampia portata dell'art. 1175 cod.civ., norma che invoca la regola della correttezza nel generale ambito del rapporto obbligatorio, diventa chiara l'importanza della buona fede come perno dell'intero svolgimento della vicenda contrattuale, dal momento delle trattative a quello dell'esecuzione nota5. E' altrettanto evidente che la buona fede, come criterio di natura oggettiva sulla cui base modellare l'insieme delle condotte dei contraenti, riveste una fondamentale fonte di integrazione del rapporto tra i medesimi nota6 . D'altronde il comportamento ispirato alla regola in parola può non essere sufficiente: ai sensi dell'art. 33 del Codice del consumo (D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ) nel contratto stipulato tra il consumatore ed il "professionista", si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. In questo caso la buona fede viene evocata, non del tutto a proposito ed in modo divergente rispetto agli strumenti normativi degli altri Stati membri dell'Unione europea, quale elemento soggettivo e non come criterio oggettivo di comportamento nota7. Il nodo problematico consiste nella individuazione delle concrete conseguenze operative discendenti dalla descrizione del panorama normativo delineato. Il canone generale della buona fede non può che importare l'adozione di condotte non predeterminabili, non tipizzabili aprioristicamente dovendo il comportamento delle parti secondo buona fede conformarsi alla singola evenienza. L'agire del contraente in buona fede è sostanzialmente un agire teleologicamente orientato alla salvaguardia della sfera giuridica altrui (ma senza detrimento per la propria: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 1887/2018), in omaggio non già ad una rigida determinazione dei contenuti, bensì ad un apprezzamento di questi per il perseguimento di un equilibrio contrattuale. Proprio nella direzione che privilegia questa concezione per approdare ad una valorizzazione della buona fede e della correttezza come principi vivi e dotati di una concreta portata operativa è decisiva una ricognizione relativa ai precetti scaturenti dagli artt. 1175 , 1375 cod.civ..

Note

nota1

La giurisprudenza ha stabilito che dall'art. 1337 cod.civ. discende il dovere di non recedere dalle trattative senza giusta causa, quando siano giunte a un tale stadio da creare l'affidamento nella conclusione del futuro contratto: Cass. Civ. Sez. II, 4626/78 ; Cass. Civ. Sez. II, 1163/95 . Conformi in dottrina Loi-Tessitore, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975, pp. 27 e ss.; Alberici, Il dovere precontrattuale di buona fede (analisi della giurisprudenza), in Rass.dir.civ., 1982, pp. 1055 e ss.
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nota2

Secondo Romano, voce Buona fede (dir.priv.), in Enc.dir., vol. V, 1959, p. 689, la buona fede costituisce la regola di condotta alla quale devono attenersi le parti del contratto: essa non impone un comportamento a contenuto prestabilito, ma è una clausola generale che richiede comportamenti diversi, positivi o omissivi, in relazione alle concrete circostanze di attuazione del rapporto. Conforme Bianca, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in Riv.dir.civ., 1983, vol. I, p. 206.
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nota3

Analogamente Mirabelli, Delle obbligazioni e dei contratti in generale, in Comm.cod.civ., vol. IV, Torino, 1980, p. 245; Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 500; Peccenini, Gli elementi accidentali del contratto, in I Contratti in generale, a cura di Alpa-Bessone, vol. III, Torino, 1991, p. 787.
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nota4

In tal senso Betti, Teoria generale dell'interpretazione, Milano, 1955, p. 349. Questa opinione rispecchia la posizione espressa nella Relazione al codice (n. 622), la quale attribuisce alla buona fede il ruolo di "punto di sutura tra l'interpretazione soggettiva e oggettiva".
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nota5

Breccia, Diligenza e buona fede nell'attuazione del rapporto obbligatorio, Milano, 1968, pp. 41 e ss.; Psaro, L'integrazione del contratto, in I contratti in generale, a cura di Cendon, vol. V, Torino, 2000, p. 198.
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nota6

In tal senso Rodotà, Il principio di buona fede e la vigenza dell'art. 1175 c.c., in Banca, Borsa e Titoli di credito, 1965, vol. I, p. 150; Sacco, Il contratto, in Tratt.dir.civ., diretto da Vassalli, Torino, 1975, p. 797; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig.disc.priv., sez. civ., vol. IV, 1988, p. 154. Altri invece (Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio.Il comportamento del creditore, in Tratt.dir.comm., a cura di Cicu-Messineo, vol. XVI, Milano, 1974, p. 12; Ziccardi, L'integrazione del contratto, in Riv.trim.dir. e proc.civ., 1969, p. 188 e ss.) respingono la funzione integrativa della buona fede, sostenendo che essa non impone nuovi obblighi o oneri, ma si limita ad indicare il "come", il "modo" di adempimento di altri obblighi già compiutamente individuati. In questa prospettiva si propone l'abbandono della definizione di buona fede come "regola di condotta", per adottare quella di "criterio di valutazione di una condotta" (Galoppini, Appunti sulla rilevanza della regola di buona fede in materia di responsabilità extracontrattuale, in Studi sulla buona fede, Milano, 1975, p. 655; Busnelli, Buona fede in senso soggettivo e responsabilità per fatto "ingiusto", in Studi sulla buona fede, Milano, 1975, pp. 4 e ss.).
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nota7

Analogamente Rizzo, Il significativo squilibrio "malgrado" la buona fede nei contratti dei consumatori, in I contratti in generale, aggiornamento 1991-1998, a cura di Alpa-Bessone , Torino, 1999, p. 535. Contra Uda , Le clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, a cura di Alpa-Patti, Milano, 1997, p. 72, il quale ravvisa natura oggettiva nella buona fede di cui all'art. 1469 bis cod.civ., che avrebbe la funzione di "conferire tutela ad interessi giuridici non rappresentati da specifiche norme di legge a fattispecie determinata, nè da disposizioni contrattuali".
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Bibliografia

  • ALBERICI, Il dovere precontrattuale di buona fede (analisi della giurisprudenza), Rass.dir.civ., 1982
  • BIANCA, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, Riv.dir.civ., I, 1983
  • BIGLIAZZI GERI, Buona fede nel diritto civile, Dig.disc.priv.sez.civ., IV, 1988
  • BRECCIA, Diligenza e buona fede nell’attuazione del rapporto obbligatorio, Milano, 1968
  • BUSNELLI, Buona fede in senso soggettivo e responsabilità per fatto ingiusto , Milano, Studi sulla buona fede, 1975
  • GALOPPINI, Appunti sulla rilevanza della regola di buona fede in materia di responsabilità extracontrattuale, Milano, Studi sulla buona fede , 1975
  • LOI, TESSITORE, Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975
  • MIRABELLI, Delle obbligazioni e dei contratti in generale, Torino, Comm.cod.civ., IV, 1980
  • NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio. Il comportamento del creditore , Milano, Tratt.dir.comm.Cicu Messineo, XVI, 1974
  • PECCENINI, Gli elementi accidentali del contratto, Torino, I contratti in generale, Alpa Bessone, III, 1991
  • PSARO, L'integrazione del contratto, I contratti in generale, Cendon, V, 2000
  • RIZZO, Il significativo squilibrio malgrado la buona fede nei contratti dei consumatori, Torino, I contratti in generale, Alpa Bessone , 1999
  • RODOTA', Il principio di buona fede e la vigenza dell'art.1175 c.c., Banca Borsa Titoli di credito, I, 1965
  • ROMANO, Buona fede (dir.priv), Enc.dir., V, 1959
  • SACCO, Il contratto, Torino, Tratt.dir.civ.dir. da Vassalli, VI, 1975
  • UDA, Integrazione del contratto, solidarietà sociale e corrispettività delle prestazioni, Riv.dir.comm., I, 1990
  • ZICCARDI, L'integrazione del contratto, Riv.trim.dir.e proc.civ., II, 1969

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