Frutti ed interessi sulle somme soggette a collazione



I frutti di quanto donato nonchè gli interessi sulle somme soggette a collazione sono dovuti dal giorno in cui si è aperta la successione (art. 745 cod. civ. ). Dunque i frutti maturati e percepiti nel tempo che precede la morte dell'ereditando sono esclusi dalla collazione : d'altronde si presume che i medesimi sarebbero stati ugualmente consumati dal de cuius. In altri termini, gli eredi non se ne sarebbero comunque giovati anche nell'ipotesi in cui il cespite fruttifero non fosse stato donato. La regola si applica senza che abbia rilevanza il modo in cui interviene la collazione (se cioè per imputazione ovvero mediante conferimento in natura) nota1.

Che valore ha il riferimento congiunto ai "frutti delle cose" ed agli "interessi sulle somme"? Se infatti con la prima locuzione si allude ai frutti naturali, è dubbio che con la seconda si intenda assoggettare a collazione ogni frutto civile oppure soltanto quella peculiare specie di frutti civili che sono gli interessi. Giova al riguardo osservare come, in un'ipotesi in cui doveva essere effettuata la collazione per imputazione di un immobile, sia stato deciso che, oltre al valore del bene al tempo dell'apertura della successione, dovessero venir computati (sempre a far tempo dalla morte dell'ereditando) anche gli interessi legali sul detto valore e non le rendite dell'immobile nello stesso periodo temporale ( Cass.Civ. Sez.II, 2453/76 ). In tal modo è stato escluso il riferimento ad ogni altro frutto civile diverso dagli interessi.

Così anche il problema se la donazione dell'usufrutto o la costituzione di una rendita sia soggetta a collazione viene risolta sempre in forza del principio di cui alla disposizione qui in esame. Occorre pertanto avere quale termine di riferimento il valore capitale che il diritto di usufrutto possiede al momento dell'apertura della successione in base alle tabelle attuariali vigenti (vale a dire l'ammontare del capitale che genera, in relazione all'aspettativa di vita del donatario, un reddito pari a quello dell'usufrutto). In particolare non può essere assunto quale base di computo il valore dell'usufrutto al tempo della donazione, perchè ciò che è stato fruito nel tempo che precede la morte del donante non va conferito nota2.

Altra questione è quella dei dividendi scaturenti da partecipazioni societarie che, quali frutti civili, dovrebbero essere conferiti a far tempo dalla deliberazione assembleare che ne abbia sancito la distribuzione ai soci. Prevale al riguardo il parere secondo il quale i dividendi dovrebbero essere conferiti alla massa ereditaria dal momento in cui di essi si deliberi la distribuzione nota3. Al contrario non potrebbe essere qualificato come frutto il corrispettivo che si ricava dall'alienazione del diritto di opzione qualora esso fosse maturato in capo al donatario dei titoli nel tempo che precede l'apertura della successione: come tale esso dovrebbe essere assoggettato a collazione nota4.

Note

nota1

Scozzafava, Gli interessi monetari, Napoli, 1984, p.177.
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nota2

Burdese, La divisione ereditaria, in Tratt.dir.civ.it., diretto da Vassalli, Torino, 1980, p.307.
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nota3

Auletta, I dividendi quali frutti delle quote sociali, in Studi in memoria di T. Ascarelli, vol.I, Milano, 1969, p.37.
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nota4

Così Messineo, Collazione e riunione fittizia di azioni di società, in Riv.trim. di dir. e proc.civ., 1948, p.8.
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Bibliografia

  • AULETTA, I dividendi quali frutti delle quote sociali, Milano, Studi in memoria di T.Ascarelli, I, 1969
  • BURDESE, La divisione ereditaria, Torino, vol. XX, 1980
  • MESSINEO , Collazione e riunione fittizia di azioni di società , Riv. Trim. di dir. e proc. civ., 1948
  • SCOZZAFAVA, Gli interessi monetari, Napoli, 1984

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