Fase esecutiva dell'accordo (crisi da sovraindebitamento)

L’esecuzione dell’accordo è rimessa ad un liquidatore, nominato dal giudice, quando per la soddisfazione dei crediti siano utilizzati beni sottoposti a pignoramento, o quando la nomina del liquidatore sia prevista dall’accordo. In questo caso il liquidatore dispone in via esclusiva dei beni sottoposti a pignoramento e delle somme incassate, è da ritenere, dalla liquidazione dei beni pignorati (art. 13, co. 1). Poiché l’efficacia della moratoria sino ad un anno nei confronti dei creditori estranei in caso di omologazione comporta che l’esecuzione del piano sia affidata ad un liquidatore nominato dal giudice, nella maggior parte dei casi la proposta di accordo prevederà la nomina del liquidatore.

Ove la nomina del liquidatore non sia obbligatoria (art. 7, co. 1), il patrimonio del debitore può essere affidato ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

Fuori dai casi di nomina obbligatoria del liquidatore, l’esecuzione dell’accordo può essere affidata allo stesso debitore, che non subisce spossessamento alcuno per effetto dell’apertura della procedura.

L’organismo di composizione della crisi ha la vigilanza sull’esatto adempimento dell’accordo e deve comunicare ai creditori ogni irregolarità (art. 13). Tale attività di vigilanza dovrà essere svolta non soltanto nell’interesse dei creditori aderenti all’accordo, ma anche di quelli che sono rimasti estranei. All’organismo di composizione della crisi è inoltre attribuito un generico potere di risoluzione «delle difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo», che dovrebbe comportare, al di là dell’espressione atecnica usata dal legislatore, anche il potere di tentare l’amichevole composizione delle controversie eventualmente insorte. L’art. 13, co. 2 prevede anche un procedimento, affidato al giudice della procedura, per la decisione delle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti, oltre che sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi. Il legislatore non precisa in quali forme debba svolgersi il procedimento, ma è da ritenere che si debba applicare il rito camerale richiamato dall’art. 12 per il giudizio di omologazione.

Compete al giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell’atto dispositivo all’accordo e al piano (evidente in questo caso la discendenza della norma dall’art. 104, ult. co., l. fall.) anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizzare lo svincolo delle somme ed ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione nonché di ogni altro vincolo (art. 13, co. 3). Il riferimento al parere del liquidatore e la previsione del potere di ordinare la cancellazione del pignoramento e delle altre formalità iscritte, farebbe ritenere che l’autorizzazione del giudice sia necessaria soltanto con riferimento ai beni pignorati. L’ordine di cancellazione delle formalità iscritte dovrà peraltro essere pronunciato dal giudice, anche quando non si sia fatto luogo alla nomina del liquidatore, perché in difetto mancherebbe nella legge l’indicazione di un organo che possa emettere tale provvedimento, con conseguente appesantimento della procedura.

Va poi ricordato che ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 13, i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono nulli, sì che si è giustamente detto che il patrimonio oggetto dell’accordo e del piano è sottoposto ad un vincolo di destinazione.

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