Debiti di valuta e debiti di valore



Il principio nominalistico si applica sicuramente ai cosiddetti debiti di valuta, nei quali cioè l'ammontare della prestazione pecuniaria è precisamente determinato fin dall'origine (ovvero è liquido o di facile e pronta liquidazione) ed è specificamente riferito ad un determinata somma di denaro nota1.

Ad esempio Tizio acquista per la somma di Euro 10.000, da corrispondersi alla consegna, una autovettura.

Concettualmente diversi sono i c.d. debiti di valore . Essi non hanno quale oggetto una somma di denaro liquida o agevolmente liquidabile, bensì l'equivalente del controvalore in denaro di un determinato bene. Ciò richiede un apprezzamento ed una valutazione discrezionale, talvolta particolarmente complessa, funzionale alla determinazione della conversione in controvalore pecuniario del valore del bene stesso (Cass. Civ. Sez. II, 1423/77 ) nota2.

Mentre la prima categoria possiede un ambito sicuramente individuabile, assai più evanescente risulta la latitudine della seconda.

Si può riferire del debito risarcitorio come dell'ipotesi principale. Il debito che sorge in dipendenza dell'inadempimento di un'obbligazione contrattuale, ovvero di quello afferente al compimento di un fatto illecito extracontrattuale, ha quale contenuto una misura pecuniaria tale da costituire ristoro delle conseguenze pregiudizievoli dell'evento dannoso nota3. La liquidazione interviene in relazione al potere di acquisto che la moneta vanta (per lo meno) al tempo della determinazione dell'entità del risarcimento ovvero (secondo un'opinione) al momento della reintegrazione del patrimonio del soggetto leso, con ciò palesandosi che la misura pecuniaria non già è prefissata in un ammontare determinato, ma si ragguaglia ex post, sulla base del valore che possiede in relazione al danno (Cass. Civ. Sez. III, 4791/89 ; Cass. Civ. Sez. III, 83/96 ).

Si prenda ad esempio il responsabile di un incidente automobilistico. Costui deve risarcire al danneggiato il pregiudizio arrecatogli (la distruzione dell'automobile). La somma capitale dovuta dal danneggiante deve essere determinata non già in base al costo del veicolo nel momento in cui il sinistro è occorso, bensì in misura tale da permettere la sostituzione dell'automobile in relazione al tempo della liquidazione (Cass. Civ. Sez. III, 5578/84 ). L'eventuale incremento del prezzo di listino dell'autoveicolo andrà a gravare sul danneggiante.

Analogamente, qualora l'opera eseguita dall'appaltatore presenti vizi o difetti in relazione ai quali il committente vanta un diritto al risarcimento, il relativo debito va ragguagliato a quanto occorre spendere al tempo della liquidazione del pregiudizio, non già a quanto sarebbe costato l'intervento nel tempo in cui, nel corso dell'appalto, è stato provo­cato il difetto (Cass. Civ. Sez. II, 4606/81 ; Cass. Civ. Sez. II, 4530/78).

Tornando ai debiti di valuta, quali ad esempio il debito afferente al pagamento di una somma di denaro a fronte dell'acquisto di un bene attualmente non disponibile, la cui consegna sia pertanto differita (si pensi alla vendita di un autoveicolo presso una concessionaria), la riferita qualificazione non muta anche quando la determinazione del prezzo (dunque dell'obbligazione pecuniaria) sia rinviata parimenti alla consegna con riferimento al listino all'epoca vigente.

In questa ipotesi il debito è illiquido, ma l'obbligazione rimane di valuta, dunque insensibile all'eventuale perdita di valore della moneta nota4 .

Particolarmente complessa è la vicenda afferente all'incidenza della svalutazione monetaria rispetto al risarcimento del danno per inadempimento di obbligazioni pecuniarie, problematica che sarà partitamente esaminata in materia di risarcimento dei danni per inadempimento dell'obbligazione. In particolare, il principio nominalistico non può essere invocato per giustificare l'invarianza del quantum del risarcimento. La giurisprudenza, dopo avere per lunghi anni sostenuto posizioni restrittive, ha infine sposato una linea intesa ad ammettere il risarcimento del danno per intervenuta svalutazione monetaria, sia pure ponendo una serie di oneri a livello probatorio in capo al creditore (Cass. Civ. Sez. Unite, 3776/79).

In ogni caso va rilevato come, talvolta, la distinzione tra debito di valore e debito di valuta non sia perspicua. Cosa dire, ad esempio, delle somme che risultino dovute in dipendenza del recesso di una delle parti di un contratto di associazione in partecipazione, recesso motivato dall'inadempimento dell'altra parte? In proposito è stato deciso come si tratti di debito di valuta e non di valore (Cass. Civ., Sez. I, 13649/2013).

La differenza di fondo tra debiti di valuta e debiti di valore, come è stato osservato dalla S.C., permane ed è giustificata anche alla stregua del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. (Cass. Civ. Sez. III, 3381/80 ). La rivalutazione monetaria ope judicis è dunque prospettabile unicamente per i debiti di valore (Cass. Civ. Sez. I, 4637/87 ) nota5.

Note

nota1

La distinzione tra debiti di valuta e debiti di valore è stata introdotta principalmente dall' Ascarelli, La moneta, Padova, 1928, pp. 141 e ss.; cfr. anche Delle obbligazioni pecuniarie, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1959, pp. 170 e ss..
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nota2

Cfr. Ascarelli, Delle obbligazioni pecuniarie, op. cit., p. 170. L'A. citato reputa i debiti di valore debiti non pecuniari. Il Bianca, Diritto civile, vol IV, Milano, 1998, p. 155 dissente invece circa l'inapplicabilità dei principi propri delle obbligazioni pecuniarie ai debiti di valore. Rispetto ad essi sarebbe giustificata soltanto l'esclusione delle norme che presuppongono la liquidità del debito.
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nota3

In questi termini, sulla concezione "funzionale" dei debiti di valore, si veda Breccia, Le obbligazioni, in Tratt. dir. priv. a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1991, pp. 288 e ss.
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nota4

Sulla distinzione tra debiti di valuta e debiti di valore, con particolare riguardo all'oggetto della prestazione quale elemento distintivo, si veda Inzitari, La moneta, in Tratt. dir. comm. e dir. pubb.dell'econ. dir. da Galgano, vol. VI, Padova, 1983, pp. 119 e ss.
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nota5

Sosteneva la necessaria liquidazione del debito, a cagione del fatto che, in questi casi, la prestazione non può aver luogo se non in una valuta determinata attualmente in corrispondenza di un valore economico reale, Ascarelli , op. cit., p. 231.
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Bibliografia

  • ASCARELLI, La moneta, Padova, 1928
  • ASCARELLI, Obbligazioni pecuniarie (Artt. 1277-1284), Bologna-Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, 1959
  • BRECCIA, Le obbligazioni, Milano, Tratt.dir.priv a cura di Iudica-Zatti, vol. XXIV, 1991
  • INZITARI, Moneta e valuta / La moneta, Padova, Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. ec., vol. XXV, 1983
  • MASTROPAOLO, Obbligazioni pecuniarie, 1990

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