L'art.
29 della Legge 1766/27 prevede la possibilità che in ciascuna fase del procedimento inteso a liquidare gli usi civici, possa essere promosso, su istanza delle parti o d'ufficio, un esperimento di conciliazione.
Non è chiaro l'esito della conciliazione. In giurisprudenza si rinvengono affermazioni in base alle quali la terra muterebbe natura, convertendosi da bene demaniale e bene allodiale, vale a dire in proprietà del soggetto legittimato (Cass.Civ. Sez.Unite,
1267/33; Cass.Civ. Sez.Unite,
2006/66).
Secondo la prevalente opinione, la conciliazione corrisponderebbe ad un contratto tra il privato e la collettività, impersonata dal Comune, la cui efficacia sarebbe sottoposta alla condizione sospensiva il cui evento consisterebbe nell'approvazione da parte della competente autorità. Un tempo quest'ultima doveva essere individuata nel Commissario liquidatore, oggi sembra che spetti alla regione (Cass.Civ. Sez.II,
210/62). Va peraltro rilevato come ogni controversia in grado di appello relativa alle decisioni dei commissari regionali e relative all'esistenza, all'estenzione, alla liquidazione dell'uso civico è stata demandata, nell'ambito del riordino dei procedimenti di cognizione effettuato con D.Lgs.
150 del 2011), al giudizio ordinario di cognizione (cfr. l'art.
33 della Legge 1766/27del citato provvedimento normativo).