Compensi degli amministratori (società per azioni)



Ai sensi dell'art. 2389 cod.civ. , "i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea. Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazione agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione. La remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto prevede, all'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche". Si badi come, nel testo previdente la Riforma del 2003, si facesse prioritario riferimento all'atto costitutivo quale fonte di determinazione del compenso, facendo salvo l'intervento dell'assemblea soltanto ove il primo non avesse disposto (escludendosi pertanto la possibilità di un'integrazione ad opera dell'organo assembleare, quand'anche il compenso integrativo avesse natura aleatoria: cfr. Cass. Civ. Sez. I, 8230/06 ). In ogni caso non sarebbe sufficiente, mancando nell'atto costitutivo alcuna menzione relativa al compenso, fare riferimento alla deliberazione assembleare di approvazione del bilancio. Occorrerà quantomeno che l'organo assembleare convocato soltanto a quel fine si sia anche pronunziato totalitariamente (in tal modo superando la mancata ricomprensione del tema nell'ordine del giorno) sulla proposta di determinazione del compenso (Cass. Civ. Sez. Unite, 21933/08 ).

La norma in commento, riafferma il principio della naturale onerosità della prestazione dell'amministratore, già desumibile da altre norme di legge. Tale principio infatti è affermato sia all'art. 2364, I comma, n. 3, cod.civ. (che enuncia, tra le competenze dell'assemblea ordinaria, la determinazione del compenso degli amministratori), sia all'art. 2383, III comma, cod.civ. che riconosce all'amministratore revocato senza giusta causa il diritto al risarcimento del danno, necessariamente individuabile nel mancato percepimento del compenso.

La stessa disciplina, è applicabile ai membri del comitato esecutivo, nel caso in cui la società abbia scelto il modello di gestione monistico.

La novità della norma, è rappresentata dal riconoscimento, operato dal legislatore della riforma, di eventuali modalità di corresponsione del compenso, alternative alla retribuzione fissa.

Il compenso, infatti, ai sensi della predetta norma, può essere costituito tanto da una partecipazione agli utili, quanto dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

Nella prassi era invero sorta l'abitudine a determinare la remunerazione dell'amministratore in parte in misura fissa e in parte in misura variabile. Generalmente infatti il compenso di quest'ultimo era (ed è) costituito non solo da una retribuzione fissa, ma anche, al fine di incentivarne l'operato, da una partecipazione agli utili della società o dalle cosiddette "stock options". Con l'accordo di "stock options", la società riconosce all'amministratore il diritto di sottoscrivere, ad un prezzo predeterminato e ad una scadenza pattuita, alcune delle proprie azioni nuova emissione. Con tale meccanismo si produce un duplice vantaggio: un vantaggio per la società che, incentivando i propri manager, vedrà con ogni probabilità crescere il proprio risultato utile ed un vantaggio per gli amministratori che potranno sottoscrivere le azioni ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore.

Riprendendo l'esame della norma in commento, vi è da dire che la stessa non ha sciolto i dubbi circa l'ammissibilità di ulteriori forme di determinazione aleatoria del compenso Si pensi, per citarne alcune, a quelle commisurate al "fatturato" o al "venduto", spesso accusate di eludere il disposto dell'art. 2432 cod.civ. , norma inderogabile, ai sensi della quale "le partecipazioni agli utili eventualmente spettanti ai promotori, ai soci fondatori e agli amministratori sono computate sugli utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale".

In ogni caso, eventuali abusi operati in favore degli amministratori, dovrebbero essere evitati in virtù dell'art. 2441 cod.civ. , che disciplina il diritto di opzione riservato ai soci, a sottoscrivere le azioni di nuova omissione e le obbligazioni convertibili in azioni.

In caso di azioni di nuova emissione da assegnarsi ad un amministratore non dipendente, potrà poi applicarsi il V comma del predetto articolo, ai sensi del quale, quando l'interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la deliberazione di aumento di capitale, approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale, anche se la deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima.

In caso di azioni di nuova emissione da assegnarsi ad amministratore dipendente, invece, potrà applicarsi l'ultimo comma dell'art. 2441 cod.civ. , che prevede che con deliberazione dell'assemblea presa con la maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie, può essere escluso il diritto di opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione, se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o che sono da essa controllate. L'esclusione dell'opzione in misura superiore al quarto deve essere approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale. Un ulteriore novità è stata introdotta dall'ultimo comma dell'articolo in commento, che ha previsto la possibilità che l'assemblea ordinaria determini un importo complessivo massimo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche. Tale pratica, in realtà, era già da tempo diffusa. Non si comprendeva né di fatto si ammetteva, infatti, che venisse sottratta all'assemblea proprio la determinazione della retribuzione di quegli amministratori che, per la loro carica, percepivano un compenso più elevato.

È da sottolineare che la ripartizione interna al consiglio del compenso degli amministratori investiti di particolari cariche, nell'ambito dell'ammontare massimo indicato dall'assemblea, deve comunque avvenire nel rispetto di quanto previsto per l'ipotesi in cui tale remunerazione sia stabilita dal consiglio di amministrazione, in conformità allo statuto: sarà cioè necessario sentire il parere del collegio sindacale.

Per "amministratore investito di particolari cariche" deve intendersi l'amministratore delegato, nominato in forza di clausola statutaria e, secondo l'opinione prevalente, il presidente del consiglio. Tali invece non sono i membri del comitato esecutivo, gli amministratori muniti delle cosiddette deleghe atipiche, frutto di una ripartizione interna delle competenze, né tanto meno gli amministratori che abbiano svolto prestazioni professionali estranee al rapporto di amministrazione, per le quali compete loro una retribuzione ulteriore nota1.

Circa, infine, la natura giuridica del compenso corrisposto agli amministratori, è stato ritenuto che, mentre il compenso stabilito in misura fissa abbia senz'altro carattere retributivo per l'amministratore e natura di spesa per la società, non altrettanto possa dirsi per la partecipazione agli utili che costituirebbe soltanto l'indennizzo di una carica, un trattamento che si avvicina a quello dell'azionista, un elemento, cioè, che incide non già sulla determinazione, ma sulla destinazione degli utili nota2. Tale tesi, trae argomenti dal combinato disposto degli artt. 2431 e 2428 cod.civ., nel testo anteriore alla riforma del 1991, oggi corrispondenti rispettivamente agli artt. 2432 e 2430 cod.civ., il primo dei quali dispone "che le partecipazioni agli utili eventualmente spettanti agli amministratori sono computate sugli utili netti risultanti dal bilancio, fatta deduzione della quota di riserva legale". Poiché ai sensi dell'art. 2430 cod.civ., dopo la deduzione della riserva legale, non potrebbero esservi più spese per la società, questo significa che se la partecipazione degli amministratori va calcolata dopo tale deduzione, essa appartiene non già alla fase della determinazione dell'utile (che deve necessariamente precedere tale deduzione), ma a quella della sua destinazione. In senso contrario, è stato obiettato che, in realtà, sarebbe proprio l'art. 2432 cod.civ. a derogare all'art. 2430 cod.civ. , nel senso che la quota di riserva legale va commisurata sull'utile netto di qualsiasi spesa ad eccezione di quella corrispondente alla partecipazione eventualmente accordata agli amministratori. Attualmente appare essere avvalorata la prima tesi, che scompone la natura unitaria del compenso, stante la previsione dell'ulteriore modalità remunerativa costituita dal diritto di sottoscrivere azioni di futura emissione.

Note

nota1

Buonocore, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1999, p.314; Franzoni, Gli amministratori e i sindaci, in Le società, diretto da Galgano, Torino, 2002, p.94; Bonelli, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, p.140. Nel senso, invece, che l'art. 2389, II comma, cod.civ. riguardi anche le prestazioni che esulano dal normale rapporto di amministrazione, cfr. Cass. Civ. Sez. I, 11023/00 , in Società, 2001, p.423, criticata sul punto da Tribunale di Milano, 5 novembre 2001 , in Società, 2002, p.729, con commento adesivo di Salvato, ove si ribadisce che il caso dell'amministratore che svolga prestazioni ulteriori e differenti rispetto a quelle riconducibili al rapporto di gestione (per le quali gli spetta la retribuzione aggiuntiva) costituisce una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto della norma in esame.
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nota2

Cecchi, Gli amministratori di società di capitali, Milano, 1999, p.28; Franzoni, Gli amministratori e i sindaci, op.cit., p.91.
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Prassi collegate

  • Quesito n. 513-2014/I, Clausole in tema di remunerazione degli amministratori nella srl

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