Cass. Pen. sez. II del 2014 numero 50672 (03/12/2014)



Il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato formalmente intestati al trustee, che è l'unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante, ma come colui che dispone del diritto. Da ciò consegue che l'intestazione del patrimonio separato al trustee è meramente formale, in quanto i beni e i rapporti giuridici conferiti rimangono ancorati al fine determinato dal regolamento del trust, il cui scopo non è, pertanto, quello di dar vita ad un nuovo soggetto, ma unicamente quello di istituire un patrimonio destinato al fine prestabilito, fermo restando che il disponente, con la costituzione del trust, proprio in ragione dello scopo cui è destinato il complesso dei beni e rapporti giuridici, ne perde subito la disponibilità, potendo essergli riservati, nel regolamento del trust, solo poteri circoscritti o per lo più di controllo e, per la stessa ragione, il trustee ne acquista la formale disponibilità al fine di meglio adempiere allo scopo.

Lo schema del trust, così come riconosciuto e veicolato nel nostro ordinamento dalla giurisprudenza, mutua profili sostanziali dallo schema anglosassone, quali l'autonomia del patrimonio conferito, il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire o disporre dei beni del trust (con l'obbligo di rendere il conto) l'essere i beni del trust intestati al trustee, ma esclusi dal patrimonio di quest'ultimo, andando a formare una massa autonoma e distinta secondo uno schema di separazione patrimoniale perfetta, intesa come "incomunicabilità bidirezionale" tra il patrimonio separato e il patrimonio del soggetto che ne è titolare, caratteristica, questa, che deriva dall' "affidamento" del diritto al trustee sulla base della fiducia ispiratrice del negozio.

Dalla fiducia deriva anche l'assenza di rapporti negoziali tra fiduciario e fiduciante e la assoluta discrezionalità di gestione del fiduciario, determinata dalla mancanza di precetti dettagliati, cosicché il riconoscimento di una intestazione meramente formale dei diritti al trustee stempera i dubbi sulla configurabilità di un trust interno a causa delle caratteristiche dei diritti reali dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto queste problematiche perdono rilevanza nella realtà concreta a fronte dell'incisività innovativa delle caratteristiche proprie del negozio del trust e dell'agilità decisionale dispositiva, tesa al conseguimento dello scopo, consentita dalla particolare configurazione dei poteri del trustee.

Il potere esercitato dal trustee sui beni conferiti in trust non è quel diritto di godere e disporre dei beni stessi in modo pieno ed esclusivo in cui si sostanzia il diritto di proprietà secondo la nota definizione dell'art 832 c.c.; si tratta piuttosto di una situazione reale di proprietà finalizzata e funzionale che si esercita su di un patrimonio separato ed autonomo, patrimonio che è vincolato dal programma fiduciario che il trustee ha l'obbligo di perseguire e che sembra senz'altro riconducibile al concetto generale di possesso penalmente rilevante di cui all'art. 646 c.p.; la violazione di questo vincolo funzionale e la destinazione, pertanto, di beni conferiti in trust a finalità proprie del trustee e/o comunque a finalità diverse da quelle per realizzare le quali il trust è stato istituito concreta quella interversione del possesso in proprietà che costituisce l'essenza del delitto di cui all'art. 646 c.p.

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