Cass. civile, sez. III del 2019 numero 16287 (18/06/2019)




In tema di azione revocatoria ordinaria, quando l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l'esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore; la relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, con la precisazione che la prova dell'elemento soggettivo in capo al terzo può essere ricavata presuntivamente anche dalla sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo. Partendo dal presupposto che solo il contratto definitivo costituisce un atto dispositivo e quindi pregiudizievole per le ragioni del creditore, ai fini dell'accoglimento della domanda di sua inefficacia, ex art. 2901 c.c., l'eventus damni deve accertarsi con riferimento al momento della stipulazione del contratto definitivo e che per l'accertamento dell'eventuale consilium fraudis deve, invece, farsi riferimento al momento della stipulazione del contratto preliminare, essendo quello il tempo in cui si consuma la libera scelta del terzo. Infatti, solo se il terzo diventa consapevole della lesività dell'atto dopo la stipulazione del preliminare può dirsi che, all'atto della stipulazione della promessa di vendita, egli era divenuto titolare di un diritto, acquisito in buona fede, al trasferimento del bene rispetto al quale la tutela dell'integrità del patrimonio del debitore sarebbe risultata necessariamente sub-valente proprio perché scopo e funzione dell'azione revocatoria è quello di rendere inefficaci gli atti perpetrati in danno delle ragioni dei creditori.

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