Capacità di disporre per testamento, annullabilità del testamento dell'incapace


Il capo II del titolo III del libro II, intitolato "della capacità di disporre per testamento" annovera una sola norma (art. 591 cod.civ.). Essa consta di un I comma che contempla una prescrizione in positivo, in forza della quale viene stabilito che possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge e di un II comma che contempla, questa volta in negativo, gli incapaci di testare. Tali soggetti vengono individuati in coloro che non hanno compiuto la maggiore età, negli interdetti per infermità di mente, infine in coloro che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento.

Si disputa se l'incapacità di testare configuri un'ipotesi di incapacità giuridica o di incapacità di agire. Premesso che la questione assume una rilevanza eminentemente teorica, data l'esistenza di una compiuta disciplina approntata dalla legge che esime l'interprete dal dover dedurre dalla menzionata qualificazione speciali conseguenze, è il caso di osservare come, nelle riferite ipotesi, in cui la legge esclude che determinati soggetti possano testare, l'ostacolo non può in alcun modo essere superato. Si tratta cioè di un limite invalicabile che ha a che fare con la possibilità in astratto che un interdetto o un minore possano perfezionare l'atto di ultima volontà, ostacolo neppure superabile per il tramite della rappresentanza legale. I genitori del minore non potrebbero, neppure munendosi di autorizzazione tutoria, confezionare un testamento in nome e per conto del minore. Si tratta infatti di un atto personalissimo che non ammette intrinsecamente una sostituzione. E' al proposito il caso di ricordare che, secondo un'attenta opinione nota1, in riferimento agli atti personalissimi, cioè in tutti i casi in cui non è possibile superare il divieto (per i rappresentanti) di porre in essere l'atto, quella che ordinariamente sarebbe qualificabile come incapacità di agire si convertirebbe in incapacità giuridica.

Rispetto alle ipotesi di cui si è fatto cenno, si distingue in maniera netta l'ultimo caso previsto dall'art. 591 cod.civ., vale a dire quello che si concreta nel testamento confezionato dall' incapace naturale. Si tratta, infatti, dell'eventualità in cui un soggetto, di per sè ordinariamente in grado di attendere ai propri interessi (con specifico riferimento alla capacità di testare), viene a trovarsi, per eventi contingenti, in una condizione di impossibilità di rendersi conto della portata delle proprie azioni, eventualità che giammai potrebbe essere qualificata in chiave di incapacità giuridica nota2. La prova che si richiede al riguardo è quella che il soggetto sia stato assolutamente privo della coscienza dei propri atti nel momento in cui confezionava le proprie ultime volontà, spettando all'impugnante dar conto di una siffatta situazione (Cass. Civ., Sez.II, 25155/10), salvo che il testatore non risultasse affetto da totale incapacità (Cass. Civ. Sez.II, 26002/08). La mera inettitudine a sottoscrivere non è di per sè segno di incapacità (Cass. Civ., Sez. II, 6978/11), anche se è il caso di osservare come al testatore che sia impossibilitato alla scrittura non rimanga altro se non fare testamento pubblico (senza che peraltro la questione della capacità sia coperta dalla fidefacienza: cfr.Cass. Civ., Sez. II, 2702/2019). Elementi valutativi possono anche ritrarsi dalla congruenza, dalla serietà e dalla normalità delle disposizioni di ultima volontà (Cass. Civ., Sez. II, 8690/2019; Cass. Civ., Sez. II, 230/11).

Il terzo comma dell'art.591 cod.civ. prevede, in conseguenza della stipulazione di un testamento da parte di un soggetto incapace, l'impugnabilità dello stesso, ovvero una condizione giuridica comunque connotata da una efficacia interinale, che si palesa sicuramente incompatibile con l'inettitudine dell'atto a produrre effetti tipici della nullità. Se si riflette sul fatto che la conseguenza principale del difetto di capacità giuridica appare esser proprio la nullità dell'atto perfezionato dal soggetto che ne sia privo, mentre la semplice annullabilità è l'esito del perfezionamento dell'atto concluso dall'incapace di agire, sembrerebbe chiara una scelta della legge in quest'ultima direzione. In sintonia con la contiguità logica tra "impugnabilità" ed annullabilità, la norma in esame riferisce di un termine prescrizionale quinquennale per far valere il vizio (che altrimenti non sarà ulteriormente eccepibile, ciò che non sarebbe sostenibile qualora si trattasse di radicale nullità) nota3. E' vero d'altronde che la legittimazione a far valere il vizio è allargata ("chiunque vi ha interesse") e non semplicemente attribuita al soggetto il cui interesse è leso in virtù del perfezionamento dell'atto (come accade ordinariamente per l'annullabilità, la legittimazione a far valere la quale è relativa, anche se, vertendosi in materia testamentaria, questi concetti appaiono difficilmente applicabili)nota4. In conclusione si può affermare che il vizio del quale può dirsi affetto il testamento posto in essere dall'incapace di intendere o di volere sembra consistere nella annullabilità. Ciò anche se la legittimazione attiva non sussiste soltanto in capo all'incapace, ponendosi come assolutanota5.

Note

nota1

Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p.25 e Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.1015.
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nota2

Da questa eterogeneità di ipotesi, alcune delle quali riconducibili al tema dell'incapacità giuridica, l'ultima delle quali invece qualificabile come incapacità di agire, deriva la discussa natura delle cause di incapacità di cui alla norma in esame.
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nota3

Così Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.76, il quale sottolinea la piena validità ed efficacia del testamento che non sia impugnato nei termini fissati dalla legge. Occorre infine precisare che il dies a quo di detta prescrizione decorre a far tempo dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie: ciò implicherebbe la insufficienza, a far decorrere detto termine, del compimento di una mera attività formale quale l'accettazione dell'eredità, poiché occorrerebbe l'immissione nel possesso materiale dei beni ereditari (così Gentili, in Comm.cod.civ., diretto da Cendon, vol.II, Torino, 1997, p.186).
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nota4

Con l'espressione "chiunque vi ha interesse" la legge intende riferirsi a chiunque possa vantare un diritto successorio in esito alla caducazione del testamento. Saranno interessati per lo più gli eredi ex lege, ai quali spetterebbe l'eredità qualora cadesse il testamento. Si può anche ipotizzare il caso degli eredi o dei legatari nominati in un testamento precedente a quello impugnato, destinato ad avere vigenza per effetto dell'annullamento del testamento successivo (Caramazza, op.cit., p.76; Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, p.350).
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nota5

In questo senso la pressoché totalità degli interpreti: Tommasini, Annullabilità e annullamento (dir. priv.), in Enc. giur. Treccani, p.4; Cicu, Il testamento, Milano, 1942, p.113; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm.cod.civ., libro II, Torino, 1978, p.58.
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Bibliografia

  • AZZARITI, Le successioni e le donazioni: Libro secondo del Codice Civile, Padova, 1982
  • CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, artt. 587-712, Roma, Comm. teor-prat. del c.c, dir. da De Martino, 1973
  • GENTILI, Torino, Comm.cod.civ.Cendon, II, 1997
  • GIANNATTASIO, Delle successioni, successioni testamentarie, Torino, Comm.cod.civ., II, 1978
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002
  • TOMMASINI, Annullabilità e annullamento (dir.priv.), Enc. dir. Treccani, I, 1988

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