Alienazione della nuda proprietà, riserva di usufrutto con patto di accrescimento



Occorre darsi carico della configurazione giuridica dell'atto con il quale due o più soggetti alienano un bene, riservandosi l'usufrutto vitalizio con la clausola di accrescimento reciproco.

Si tratta del caso in cui più contitolari del diritto di proprietà piena su un bene, ne alienino (indifferentemente a titolo oneroso, ovvero gratuito) la nuda proprietà ad altri, riservando a sé medesimi per deductio (o reservatio) il diritto di usufrutto con patto di reciproco accrescimento. Questa eventualità non è prevista in modo espresso da alcuna disposizione di legge, deducendosene l'ammissibilità, che è tuttavia controversa in dottrina, in forza delle disposizioni che regolano in genere l'usufrutto congiuntivo e l'accrescimento nell'ambito del legato (art. 678 cod.civ.)nota1.

La fattispecie sembra sfuggire all'inquadramento secondo lo schema che distingue i casi di accrescimento a seconda dell'intervento del fenomeno incrementativo anteriormente o posteriormente all'acquisto del diritto. Ciò a cagione della peculiare struttura delle situazioni soggettive in essa implicate e della modalità operativa del trasferimento del diritto .

Si pensi all'esempio che segue: Tizio e Caia vendono l'appartamento in Via Appia al giovane Quintiliano e, desiderando garantirsi una serena vecchiaia, se ne riservano il diritto di usufrutto con patto di reciproco accrescimento. E' evidente che, prescindendo dall'ipotesi assai rara della commorienza, l'accrescimento avrà luogo una volta che uno degli usufruttuari avrà cessato di vivere a favore dell'altro.

L'ipotesi non è inusuale, corrispondendo ad una pattuizione frequentemente apposta soprattutto nelle donazioni che i genitori fanno a favore dei figli.

Il problema posto dalla fattispecie è quello di mettere a fuoco il meccanismo in forza del quale diventa ammissibile che un soggetto, avente diritto alla metà della proprietà di un bene, che deve ritenersi ricadente in comunione, possa in concreto trovarsi ad essere usufruttuario dell'intero.

Questo effetto postula un accrescimento quantitativo rispetto alla propria posizione originaria di comunista per la metà che pare assolutamente contrastare con il concetto stesso di riserva, intesa come deductio di una parte dell'utilità, di una parte del diritto maggiore (la piena proprietà) che, venendo trattenuta in capo al titolare, non potrebbe comunque subire un accrescimento.

Né decisiva in questo senso potrebbe essere la distinzione, in tema di usufrutto, tra cousufrutto (inteso come comunione nell'usufrutto) e usufrutto congiuntivo, inteso come potenzialmente concernente l'intero diritto. Un usufrutto che nasce da una proprietà in comunione dovrebbe infatti possedere pari consistenza, vale a dire quella di un cousufrutto, di un usufrutto parimenti in comunione.

Il punto nodale è quello della vicenda traslativa del diritto: configurando la costituzione dell'usufrutto come deductio di una parte di utilitas rispetto ad un diritto maggiore (quello cioè di piena proprietà) non risulta logicamente possibile configurare una mutazione qualitativa di esso. In altri termini, se Tizio e Caia sono proprietari in comunione di un bene, qualora se ne riservino l'usufrutto, tale usufrutto in capo a ciascuno di essi non può che avere la stessa estensione qualitativa della proprietà che ne costituiva la maggior consistenza. Si tratterà dunque di cousufrutto, cioè di usufrutto in comunione.

L'unica possibilità di configurare, all'esito della delineata vicenda traslativa, la costituzione di un usufrutto congiuntivo sarebbe quella di dare voce alla tesi che la configura in chiave di un doppio trasferimento.

Nell'esempio riferito dunque, Tizio e Caia alienano a Quintiliano l'intera proprietà e quest'ultimo costituisce a titolo oneroso un diritto di usufrutto congiuntivo a favore di Tizio e Caia. Per tale via verrebbe infatti spezzata l'omogeneità qualitativa del diritto maggiore che non può se non riflettersi anche sul diritto minore.

Note

nota1

In particolare si esprime favorevolmente all'operatività dell'accrescimento in tale ipotesi  Scognamiglio, Il diritto di accrescimento nei negozi tra vivi, Milano, 1951, p.77. Contra Robbe, voce Accrescimento, in N.sso Dig.it., p.177 e Gazzara, Contributo ad una teoria generale sull'accrescimento, Milano, 1956, p.226, per i quali il diritto di accrescimento nella costitutizione congiuntiva di un usufrutto non è ammesso per gli atti tra vivi a titolo oneroso, richiedendo necessariamente il requisito della liberalità: sarebbe perciò ammissibile solo per le donazioni di usufrutto o di altri diritti di natura personale.
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Bibliografia

  • GAZZARA, Contributo ad una teoria generale dell’accrescimento,, Milano, 1956
  • ROBBE, Accrescimento, N.sso Dig.it., I, 1957
  • SCOGNAMIGLIO, Il diritto di accrescimento nei negozi tra vivi, Milano, 1951

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