Testamento. Criteri di interpretazione. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 35807 del 22 dicembre 2023)

L’interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa, è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell’art. 1362 cod.civ., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell’esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione, potendosi, ove dal testo dell’atto non emergano con certezza l’effettiva intenzione del de cuius e la portata della disposizione, fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al testatore, quali, ad esempio, la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura o condizione sociale o il suo ambiente di vita. Così che la sentenza nella quale il giudice abbia ritenuto che il termine “soldi” era stato utilizzato dal de cuius in quanto volto a designare non solo il denaro contante o comunque giacente sui conti correnti, ma tutto ciò che pur essendo investito in altre forme, poteva essere facilmente convertito in denaro mediante semplici operazioni contabili, deve includere nel novero delle componenti patrimoniali, sulla cui base calcolare il legato, non solo le quote societarie intestate al de cuius, ma anche le azioni ed obbligazioni.

Commento

(di Daniele Minussi)
Spesso non è agevole interpretare la reale volontà del testatore. Elemento problematico non è soltanto il difetto di conoscenze giuridiche (donde spesso il dilemma se ci si trovi di fronte ad una istituzione di erede ovvero ad un legato), ma spesso l'utilizzo di una terminologia approssimativa, tenuto conto del livello culturale del disponente. Così, nel caso di specie, il termine "soldi" è stato ritenuto comprensivo non soltanto della liquidità in senso stretto, bensì anche tutti quegli strumenti finanziari agevolmente convertibili in denaro, quali ad esempio azioni ed obbligazioni. In ogni caso il criterio ermeneutico fondamentale in materia di negozio testamentario non può che essere una penetrante disamina della reale intenzione del testatore, utilizzando qualsiasi strumento a disposizione per indagarne l'effettiva portata.

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