Preliminare di vendita immobiliare e violazione del divieto del patto comnmissorio. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 3385 del 3 febbraio 2023)

Il divieto di patto commissorio, sancito dall'art. 2744 cod.civ., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o contemporaneamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi: in detta ipotesi, peraltro, la prova della simulazione relativa del contratto preliminare può essere data, ove diretta a far valere l'illiceità del negozio, anche per testimoni o per presunzioni, in conformità all'art. 1417 cod.civ..
Il divieto del patto commissorio, posto dall'art. 2744 cod.civ., infatti va interpretato non secondo un criterio formalistico e strettamente letterale, ma secondo un criterio ermeneutico e funzionale, finalizzato ad una più efficace tutela del debitore e ad assicurare la "par condicio creditorum", in tal modo contrastando l'attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli legali, il patto commissorio - con la conseguente sanzione di nullità - è ravvisabile anche rispetto a più negozi tra loro collegati, qualora scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il meccanismo negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del creditore sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria, o traslativa, o reale del contratto, ovvero dal momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti, sempre che tra le diverse pattuizioni sia ravvisabile un rapporto di interdipendenza e le stesse risultino funzionalmente preordinate allo scopo finale di garanzia. Il suddetto divieto opera anche nell'ipotesi di patto occulto avente ad oggetto immobili di proprietà di terzi, i quali assumono la figura di venditori a garanzia del debito altrui.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia in commento si iscrive nel filone giurisprudenziale, assolutamente prevalente, in forza del quale, ai fini della valutazione dell'eventuale contrarietà di una negoziazione rispetto al divieto del patto commissorio. conta soltanto l'apprezzamento dell'elemento causale concreto. Non conta, in altri termini, nè il profilo effettuale dell'atto negoziale (se cioè si tratti di un congegno traslativo o meramentre obbligatorio), non conta se si evidenzi la necessità di una serie di atti funzionalmente collegati ai fini del perseguimento della finalità di protezione del credito, neppure conta se la fattispecie complessa abbia a coinvolgere soggetti terzi. Nell'ipotesi in esame, tra l'altro, la finalità concreta dell'operazione diveniva evidente soltanto una volta disvelata la pattuizione dissimulata volta a piegare l'intero disegno, costituito da un contratto preliminare di vendita immobiliare volto a garantire il credito scaturente da un mutuo sovvenuto al promittente alienante, contratto i cui effetti si sarebbero caducati una volta rimborsato il credito, altrimenti dovendo il relativo importo essere compensato con il controcredito afferente all'obbligazione del pagamento del prezzo della vendita. Stante l'illiceità della simulazione, non è richiesta la prova scritta della stessa, neppure inter partes.

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