No all'annullamento dell'annotazione del cognome comune scelto dalle parti dell'unione civile e trasmesso al figlio minore: disapplicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 5/2017. (Tribunale di Lecco, Sez. I, del 4 aprile 2017)

Deve ordinarsi al sindaco del Comune e per esso all’ufficiale dello stato civile dell’ente di astenersi dall’annullare l’annotazione anagrafica del cognome comune scelto dalle parti dell’unione civile e trasmesso al figlio minore di una delle due in applicazione della norma di legge vigente all’epoca della sua nascita dovendosi riconoscere alle richiedenti il diritto alla tutela d’urgenza laddove l’articolo 3, comma VIII, del d. lgs. n. 5/2017 nella parte in cui ha disposto che l’ufficiale dello stato civile annulli le annotazione effettuate in esecuzione del dpcm n. 144/16 si pone in contrasto con i principi del diritto euro unitario - dal momento che il nome e il cognome di una persona sono un elemento costitutivo della sua identità personale, dignità e vita privata - e che tanto è sufficiente per giustificarne la disapplicazione.

Commento

(di Daniele Minussi)
Si avvicendano le leggi nel tempo, creando non solo confusione, ma anche qualche guaio concreto. Nel caso di specie, in base al comma X del'art.1 della l. 76/2016 era stato consentito ad una persona di modificare il proprio cognome, trasmettendo tale doppio cognome anche alla propria figlia. Entrato in vigore il d.lgs 5/2017, si è differenziato il c.d. "cognome d'uso" da quello avente rilevanza anagrafica. Il primo, destinato a durare per il tempo di permanenza dell'unione civile, non comporterebbe mutamenti anagrafici, dovendo permanere il precedente cognome anche allo scopo di produrre un parallelo mutamento anagrafico del cognome del figlio. Per assicurare questa esigenza il II comma dell'art.4 del predetto d.lgs. (attuativo della c.d. "Cirinnà"), ha previsto l'annullamento della modifica anagrafica, dovendo essere ripristinato il cognome originario. Pur a fronte di siffatto quadro normativo il Giudice la pensa diversamente: donde l'ordine all'ufficiale dello stato civile competente di astenersi dall'annullare l'annotazione anagrafica riportante il doppio cognome per la donna civilmente unita con altra donna e che ha generato la bambina. Sarebbe grave il pregiudizio per la madre, che ha "speso" il nuovo cognome che antepone al proprio quello della partner ed anche della figlia, che ormai è dotata di tale identificazione nei documenti amministrativi e sanitari. Insomma: disapplicazione della legge in nome dei principi generali in tema di diritti della personalità.

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