Fusione e concordato preventivo. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 1181 del 18 gennaio 2018)

La legge, art. 2504 bis c.c., connette gli effetti della fusione all'espletamento delle formalità pubblicitarie, con le note conseguenze sul piano dell'imputazione dei rapporti e con l'esito dell'accentramento del patrimonio sulla società incorporante.
Ciò è conforme alle caratteristiche dell'operazione come vicenda evolutivo-modificativa del soggetto giuridico in un nuovo assetto organizzativo, ma implica anche che i beni restano infine aggregati nel patrimonio dell'incorporante con tutti i pesi che anteriormente li gravavano, e con la soggezione alle procedure esecutive in atto.
Il giudice non può ammettere la società al concordato preventivo se prima della fusione non sono stati ascoltati i creditori della società incorporanda. La possibilità di questi di proporre opposizione al piano approvato condiziona infatti la fattibilità dell’intera operazione di salvataggio.
Ove il concordato preventivo preveda la fusione tra la debitrice e la società proprietaria del bene offerto in cessione ai creditori della incorporante, la posizione dei creditori della incorporanda non è irrilevante ai fini della fattibilità giuridica della proposta e ciò in quanto, in termini generali, la fusione può pregiudicare la posizione dei creditori delle società partecipanti proprio perché, attuata la fusione, tutti concorrono sull'unico patrimonio risultante dall'unificazione.

Commento

(di Daniele Minussi)
Non è possibile che la società sia ammessa alla procedura di concordato preventivo se, prima di procedere alla fusione per incorporazione, i creditori della società incorporanda non sono stati resi edotti dei peculiari effetti dell'operazione straordinaria. Infatti essi hanno la possibilità di proporre opposizione, con il che verrebbe paralizzato l'intero procedimento (finalizzato al salvataggio dell'incorporante). Nel caso di specie la società incorporanda, titolare di patrimonio immobiliare, era controllata dalla incorporante, in stato di decozione. Gli immobili erano tuttavia ipotecati, a garanzia (avendo la incorporanda svolto la funzione di terza datrice di ipoteca) di debiti della controllante.

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