Dolo negoziale e truffa contrattuale. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 18778 del 7 maggio 2014)

La cosiddetta truffa contrattuale - che ricorre in tutti i casi nei quali l'agente abbia posto in essere artifici e raggiri (aventi ad oggetto anche aspetti negoziali collaterali, accessori o esecutivi del contratto principale, risultati rilevanti ai fini della prestazione del consenso) al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato - è configurabile indipendentemente dallo squilibrio oggettivo delle rispettive controprestazioni, poiché l'ingiusto profitto del deceptor ed il correlativo danno del deceptus consistono essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto.

Commento

(di Daniele Minussi)
I fatti sono quelli, eclatanti, relativi alla vicenda del contratto di finanza derivata stipulato tra Monte Paschi Siena e Nomura. Viste le ingenti perdite scaturite da tale negoziazione le parti danno vita ad un congegno in forza del quale Nomura assume su di sè la passività derivante dal predetto contratto per il tramite di un nuovo derivato che prevede clausole aleatorie ove il rischio è fortemente sbilanciato in favore della stessa società. Escluso il reato di usura, la S.C. configura una specifica figura, la c.d. "truffa contrattuale" che evoca da un lato il dolo negoziale, dall'altro la truffa come fattispecie penale. Essa ricorre "in tutti i casi nei quali l'agente abbia posto in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato".
Il dolo negoziale resta sullo sfondo, assorbito dalla rilevanza penale della fattispecie.

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