Circonvenzione di incapace e nullità del contratto stipulato. Rilevabilità ope judicis. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 10609 del 28 aprile 2017)

Il contratto stipulato per effetto diretto del reato di circonvenzione d'incapace è nullo, ai sensi dell'art. 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti; pertanto, ove la parte che abbia dato causa alla nullità chieda l’adempimento di quel contratto, il giudice è tenuto a rilevare tale nullità d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e, dunque, anche in appello, dovendo, da un lato, verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e, dall'altro, rilevare le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendono al rigetto della domanda e possono configurarsi come mere difese del convenuto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Dibattuto è il rapporto tra violazione di norma penale e perfezionamento del contratto per il cui tramite si realizza la fattispecie di reato (si pensi alla relazione che si pone tra truffa e contratto concluso per effetto di dolo negoziale, quella tra usura e contratto rescindibile). In questo ambito spicca la conclusione alla quale la giurisprudenza del tutto prevalente è pervenuta in tema degli effetti che la accertata circonvenzione di incapace è in grado di sortire sul contratto che costituisce elemento della fattispecie criminosa: esso infatti è nullo. Tale nullità, in forza dei principi generali, ben può essere rilevata d'ufficio dal Giudice.

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