Cassazione Civile 5494/2001: Natura contratto di permuta

Il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull'area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, integra il contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco, con effetto immediato sulla proprietà dell'area e differito della cosa futura, e l'assunzione dell'obbligo di erigere l'edificio sia restata su di un piano accessorio e strumentale, ma non quando le due parti si obbligano l'una a costruire un edificio e l'altra - il proprietario del suolo - a cederlo, in tutto o in parte, quale compenso, poichè, in tale ultimo caso, il contratto ha effetti obbligatori e si qualifica come innominato del genere do ut facias, analogo al contratto d'appalto, dal quale differisce per la mancanza di un corrispettivo in denaro. (nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che il contratto avente ad oggetto la promessa di vendita di un appezzamento di terreno, ai fini della costruzione di un edificio con coevo affidamento in appalto all'altro contraente della costruzione delle unità abitative, non sia qualificabile permuta avuto riguardo al rilievo teleologicamente essenziale che nella volontà delle parti ha assunto la costruzione del fabbricato).

Commento

Come distinguere una permuta di cosa presente contro cosa futura da un contratto innominato (do ut facias) nel quale a fronte del trasferimento della proprietà di un terreno venga dedotta la prestazione consistente nella costruzione di una porzione di fabbricato? La S.C. ha in proposito stabilito che il discrimine debba essere rinvenuto nell'apprezzamento dell'attività di facere: qualora le parti abbiano avuto di mira quest'ultima in via primaria si tratterà per l'appunto di un contratto atipico (nel cui ambito una delle prestazioni è assimilabile a quella tipicamente riconducibile all'appalto). Se, al contrario, l'obbligazione di facere dovesse essere intesa in via secondaria e funzionale alla produzione dell'effetto traslativo primariamente considerato, si tratterà piuttosto di permuta.
Rilevantissime le conseguenze pratiche della distinzione, soprattutto quando la stipulazione abbia natura preliminare: si pensi al fallimento del promissario acquirente dell'area. Il curatore non potrà che corrispondere al promittente alienante in moneta fallimentare l'ammontare del credito corrispondente alle opere ineseguite. Nell'ipotesi di permuta di cosa presente contro cosa futura sarebbe praticabile il ricorso al modo di disporre del II° comma dell'art.1472 cod.civ. (che prevede la nullità della vendita di cosa futura quando questa non sia venuta ad esistenza).

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