Tribunale di Milano del 2002 (11/11/2002)


In caso di dichiarazione di fallimento, ai fini della quantificazione del danno cagionato dagli amministratori per aver intrapreso nuove operazioni dopo il verificarsi di un fatto che ha determinato lo scioglimento della società, possono essere presi come parametri di riferimento -nel quadro di una valutazione equitativa - il bilancio anteriore allo svolgimento dell'attività vietata e quello fallimentare, rettificando il primo in modo da far emergere la perdita e attribuendo il saldo a titolo di responsabilità; in altre parole, possono essere messi a confronto i netti patrimoniali dei due momenti rilevanti, facendo così rientrare nel danno non solo il risultato negativo delle singole operazioni, ma anche il pregiudizio che la società ha subito per effetto della ritardata liquidazione. Un credito può essere iscritto integralmente all'attivo patrimoniale del bilancio quando abbia caratteristiche di certezza e liquidità, mentre ove sia contestato e/o quando consista in un danno per equivalente da inadempimento, lasciato all'apprezzamento del giudice, quel credito può essere iscritto insieme ad una corrispondente posta di svalutazione al passivo o deve essere soltanto menzionato nella relazione al bilancio.

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