Trasformazione eterogenea da società lucrativa in ente non lucrativo



In esito alla riforma del diritto societario introdotta nel 2003 risulta possibile che abbia luogo la trasformazione di una società avente finalità lucrativa in ente non lucrativo. In particolare, per le ipotesi in cui la società trasformanda sia una società di capitali, l'art. 2500 septies cod. civ. dispone che le società disciplinate nei capi V, VI, VII, del titolo V, ossia società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata, possono trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 16511/2019 in tema di assoggettabilità a fallimento), associazioni non riconosciute e fondazioni..

La deliberazione dev'essere assunta con il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto. Si sottolinea che, anche in tali ipotesi, è applicabile, in quanto compatibile, l'art. 2500 sexies cod. civ. , onde deve comunque essere richiesto il consenso dei soci che verranno ad assumere la responsabilità illimitata anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione.

Inoltre, in caso di trasformazioni eterogenee, gli amministratori devono redigere una relazione che illustri le motivazioni e gli effetti dell'operazione, depositandone una copia presso la sede sociale durante i trenta giorni che precedono l'assemblea convocata per deliberare sulla trasformazione.

Premesse queste notazioni a livello generale, analizziamo più specificamente alcune ipotesi.

La deliberazione di trasformazione di una società lucrativa in una fondazione, persona giuridica contrassegnata da finalità non lucrative, produce gli effetti che il capo II del titolo II del Libro I ricollega all'atto di fondazione o alla volontà del fondatore. In particolare è il caso di rammentare che, ai sensi dell'art. 15 cod. civ. l'atto di fondazione può essere revocato fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero non abbia avuto inizio l'attività dell'opera cui la fondazione è dedicata. E' altresì possibile che, proprio facendo leva sulla disciplina qui in considerazione, si addivenga alla fusione di una società lucrativa in una fondazione (Tribunale di Padova del 04 marzo 2010).

Per quanto concerne la trasformazione da società di capitali in associazione, si ritiene che il legislatore del 2003 abbia escluso la possibilità che l'ente risultante dalla trasformazione consista in un'associazione dotata di riconoscimento. Ciò allo scopo di garantire il requisito dell'esistenza di un patrimonio di per sé congruo al raggiungimento dello scopo statutario. In caso contrario, per effetto dell'automatismo della trasformazione, risulterebbe possibile eludere il combinato disposto di cui agli artt. 1 e 3 del d.p.r. 361/00, evitando le verifiche richieste dalla legge ed intese ad accertare la congruità del patrimonio rispetto allo scopo prefissato dallo statuto dell'associazione. Quid juris in caso di insolvenza dell'entità in relazione ad obbligazioni contratte nel tempo antecedente la trasformazione? Secondo la giurisprudenza, sarebbe possibile che fosse dichiarato il fallimento, sia pure in riferimento all'ente nella sua precedente forma connotata dallo scopo lucrativo (cfr. Cass. Civ. Sez. I, 1519/2021).

Si ritiene inoltre che debba essere esclusa la trasformazione da società per azioni e da società a responsabilità limitata unipersonale in comunioni di azienda, consorzi e associazioni non riconosciute. Questo perchè la relativa disciplina richiede la sussistenza di una pluralità di soggetti già al momento della loro costituzione, non essendo prevista la possibilità di integrarne il numero in un secondo momento.

Prassi collegate

  • Quesito n. 37-2015/I, Trasformazione di consorzio con attività esterna in associazione riconosciuta
  • Quesito n. 191-2015/I, Trasformazione di spa in cooperativa spa e relazione degli amministratori ex art. 2500-sexies, comma 2, cc

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