Osservazioni alla tesi della sanzionabilità



Le decisioni della giurisprudenza di legittimità hanno alimentato nuovi e forti dubbi, anche di natura penale tributaria, e suscitato diffusi timori in ragione della linea assai rigorosa assunta, che si riflette in una crisi di certezza e affidabilità dell’intero nostro sistema fiscale. Le conclusioni della giurisprudenza citata hanno alimentato il mai sopito dibattito sul ricorso, in ambito tributario, all’istituto dell’abuso del diritto e sugli incerti confini tra abuso del diritto ed illecito fiscale; problematica che non appare avere ancora raggiunto la necessaria chiarezza, oltre che con riguardo al tema dell’applicazione retroattiva, sull’applicabilità delle sanzioni tributarie, amministrative e penali.

In primis si osserva che il citato art. 1, D.Lgs. n. 471/1997 ha come rubrica “Violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette”, cioè sanzioni per situazioni relative ad evasioni e non ad operazioni elusive.

Ma la irragionevolezza della tesi della sanzionabilità emerge con evidenza anche per le seguenti considerazioni.

La sanzionabilità o meno dell’abuso è fatta dipendere innanzi tutto dal tipo di tributo:
  • se si tratta di tributi armonizzati (IVA ed accise) (c.d. abuso non codificato, in quanto fondato su un principio comunitario e non su una specifica norma), l’abuso del diritto non è mai punibile in base al principio fissato dalla citata sentenza della Corte di Giustizia Europea Halifax, secondo cui “un comportamento abusivo non deve mai condurre ad una punizione per la quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e univoco”;
  • se si tratta di tributi non armonizzati (c.d. abuso codificato in quanto previsto dalla norma, art. 37-bis, D.P.R. n. 600/1973), la punibilità della condotta è desunta dal citato art. 37-bis, D.P.R. n. 600/1973.

Da quanto premesso consegue:
  • un diverso trattamento per condotte sostanzialmente eguali. Ed infatti l’abuso del diritto sia nella sua forma pura, cioè non codificata (che per i tributi armonizzati è fondato su un principio comunitario e per i non armonizzati sul principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.), sia nella sua forma codificata sono concetti simmetrici. Si tratta di due diversi modi di definire lo stesso disvalore, in quanto sono tutti diretti a colpire operazioni dirette ad aggirare una norma per conseguire un risparmio fiscale;
  • un potere discriminatorio attribuito all’Amministrazione finanziaria ed anche al Giudice tributario (che può applicare d’ufficio il divieto di abuso del diritto) nota1 di censurare una certa condotta richiamando o meno l’art. 37-bis, D.P.R. n. 600/1973 con l’effetto di poter applicare le sanzioni solo nella prima ipotesi. Tale conclusione, che francamente appare massimamente irragionevole per l’applicazione delle sanzioni amministrative, è addirittura abnorme sul piano delle sanzioni penali.

Note

nota1

Cfr. Cass. 16 febbraio 2012, n. 2193.
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