Il contratto di vendita può riguardare ogni tipo di bene, mobile, immobile, materiale, immateriale, partecipazioni societarie, ecc.
Come già detto, se la vendita avviene tra
privati, l’operazione è considerata
fiscalmente rilevante ed il relativo provento rientra tra i redditi
diversi solo se oggetto della vendita sono i beni previsti dal legislatore fiscale (art. 67, D.P.R. n. 917/1986).
Le cessioni di altri beni sfuggono ad imposizione, ad esempio la vendita tra privati di un’autovettura usata.
Nella parte che segue ho illustrato il regime fiscale in rapporto ai differenti oggetti.
Vendita di diritti, brevetti, marchi, ecc.
Se la vendita è effettuata da soggetti
diversi dall’autore o inventore ed ha ad oggetto l’utilizzazione economica di opere dell’ingegno (libri, opere musicali, ecc.), di brevetti industriali e di processi, formule ed informazioni acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico, il relativo provento va tassato nel periodo d’imposta in cui è percepito ed è costituito dall’ammontare (art. 67, comma 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986):
- ridotto del 25% se i diritti di utilizzazione sono stati acquistati dall’alienante a titolo oneroso;
- per intero se i diritti di utilizzazione sono stati acquistati dall’alienante a titolo gratuito (donazione o successione mortis causa) (art. 71, comma 1, D.P.R. n. 917/1986).
Sul reddito tassabile i sostituti d’imposta sono obbligati ad effettuare una ritenuta d’acconto nella misura del 20%.
Vendita di valori mobiliari (titoli, partecipazioni, valute, obbligazioni, ecc.)
Se effettuate da soggetti privati rientrano tra i redditi
diversi e sono tassate le relative
plusvalenze derivanti dalla vendita dei seguenti valori mobiliari (art. 67, D.P.R. n. 917/1986):
- titoli diversi da quelli partecipativi e dai certificati di massa;
- valute immesse in depositi e conti correnti;
- metalli preziosi, allo stato grezzo o monetato;
- crediti pecuniari, di rapporti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari, nonché proventi realizzati mediante rapporti attraverso i quali possono essere conseguiti differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto.
Vendita a termine di valute estere
nota1 I relativi proventi, se conseguiti da soggetti privati (non imprenditori), rientrano tra i redditi diversi. L’imponibile soggetto ad IRPEF è costituito dalla
plusvalenza data dalla differenza tra il corrispettivo della cessione ed il prezzo di acquisto della valuta ceduta, se contestuale alla stipula del contratto a termine, ovvero in base alla differenza tra il corrispettivo della cessione ed il valore della valuta a pronti vigente alla data di stipula del contratto (art. 67, comma 1, lett. c-
ter), D.P.R. n. 917/1986).
Si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo di valute estere dal deposito o conto corrente a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi o conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui (art. 67, comma 1-
ter, D.P.R. n. 917/1986).
Vendita di titoli non rappresentativi di merci, certificati di massa, valute, ecc.
Se non sono conseguiti nell’ambito di attività d’impresa e non costituiscono redditi di capitale o di lavoro dipendente, rientrano tra i redditi
diversi anche le plusvalenze realizzate mediante (art. 67, comma 1, lett. c-
ter), D.P.R. n. 917/1986):
- cessione onerosa di titoli di credito o certificati di massa diversi da quelli di natura partecipativa, esclusi i titoli rappresentativi di merci, ad esempio le obbligazioni e i titoli similari, i titoli atipici e individuali (certificati di deposito, cambiali, accettazioni bancarie, ecc.);
- cessione a termine di valute estere;
- cessione onerosa di metalli preziosi (oro, argento, platino) allo stato grezzo o monetato (lingotti, pani, verghe, bottoni e granuli). Sono escluse le cessioni di metalli preziosi lavorati (ad esempio i gioielli);
- cessione onerosa di quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo.
Vendita di partecipazioni qualificate e non
Se non sono conseguite nell’ambito di attività d’impresa e non costituiscono redditi di capitale o di lavoro dipendente, rientrano tra i redditi diversi anche le plusvalenze realizzate mediante
cessione di partecipazioni in società o enti. La tassazione è differente a seconda che si tratti di partecipazioni
qualificate o non qualificate (art. 67, comma 1, lett. c) e c-
bis), D.P.R. n. 917/1986).
Sono qualificate le partecipazioni della stessa società o ente che
superano determinate percentuali di possesso per almeno un giorno nel corso di dodici mesi.
Vendita di immobili
Come per le vendite di beni mobili, anche per le alienazioni di immobili effettuate da
privati la legge fiscale, presumendo un intento speculativo, prevede la tassazione come
redditi diversi del maggior valore del bene rispetto al costo di acquisto (plusvalenze).
La legge fiscale prevede disposizioni agevolative per le cessioni di immobili.
Si rimanda, considerata la rilevanza ai fini fiscali, al capitolo completo sul regime fiscale dei contratti di compravendita di immobili.
Vendita di azienda
Oggetto della vendita, come ogni altro bene, può essere anche un’azienda (o ramo di azienda) a condizione che sia considerata come un bene
unico, cioè il complesso di beni funzionalmente organizzato ed idoneo all’esercizio dell’impresa e non riguardi i beni singolarmente considerati.
L’alienazione può avere ad oggetto anche solo un ramo dell’azienda (art. 67, comma 1, lett. h) e h-
bis), D.P.R. n. 917/1986).
Trattandosi, di norma, di operazione posta in essere da un imprenditore, si rimanda all'apposita voce § 5.4.
Note
nota1
A seguito della soppressione (ottobre 2001) dell’imposta di successione, il risultato di ogni cessione era dato dalla differenza tra il corrispettivo percepito (ovvero la somma o il valore normale dei beni rimborsati) ed il costo, a suo tempo, sostenuto dal de cuius (e, quindi, senza rivalutazione della partecipazione ereditata). Infatti non era più possibile fare riferimento al valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione (circolare Agenzia delle Entrate 17 ottobre 2001, n. 90/E).
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