Mora e semplice ritardo



Dalla mora si distingue il semplice ritardo non qualificato. Il ritardo inteso come mancato rispetto del termine di adempimento può condurre ad un variabile esito relativamente alla sorte dell'obbligazione. E' infatti possibile che abbia luogo tanto un tardivo adempimento quanto il subentrare con sicurezza del definitivo inadempimento (es.: non è stato rispettato il termine di consegna di una sostanza chimica che, successivamente, viene per legge dichiarata non più commerciabile). Risulta evidente che un discorso sul ritardo semplice in quanto tale è di una qualche utilità soltanto nella prima eventualità (nella quale l'adempimento è ancora possibile); nella seconda, infatti, il tema viene assorbito da quello dell'inadempimento e della conseguente responsabilità del debitore.

Il semplice ritardo, quando segua l'adempimento dell'obbligazione, sempre che sia imputabile al soggetto passivo del rapporto obbligatorio, sicuramente configura un inesatto adempimento nota1. Da questo punto di vista l'art. 1218 cod.civ. pone in evidenza che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (e certamente il debitore che effettui oltre il termine previsto la prestazione non può non ritenersi inadempiente) è tenuto al risarcimento del danno qualora non dia conto che il ritardo non è dipeso da una causa a lui non imputabilenota2 .

Enunciata questa regola, diviene essenziale coordinare il disposto della norma citata con quello degli artt. 1219 e ss. cod.civ., che fanno riferimento alla disciplina della mora del debitore, la quale si configura come un ritardo qualificato da particolari presupposti.

Qual è l'autonomo rilievo e quali sono i presupposti del semplice ritardo rispetto al ritardo qualificato dalla mora?

Sul punto si incrociano opinioni non sempre concordi in dottrina ed in giurisprudenza.

In un primo senso si può dire che il mero ritardo imputabile (quando segua l'adempimento, giacchè se subentra la definitiva impossibilità il problema è differente: cfr. Cass. Civ. Sez. I, 7580/83 ) consente al creditore di richiedere ed ottenere il risarcimento del danno subito in ragione dell'inesatto adempimento (Cass. Civ. Sez. III, 728/89 ; Cass. Civ. Sez. III, 2193/78 ). A questi fini si ritiene che occorra comunque un invito, seppure informale, ad effettuare l'adempimentonota3 . Il problema è quello di distinguere i casi in cui il ritardo costituisce inesatto adempimento risarcibile e quelli nei quali l'inerzia del creditore consente di configurare un atteggiamento di tolleranza di costui, in riferimento alla natura della prestazione o alla modesta entità del differimento temporale in cui il ritardo stesso è consistito.

Uno dei punti nodali della questione è dato dalla divergente portata che ha il semplice ritardo nell'ambito della normativa in tema di obbligazione ed in quello in materia di contratto. Nel primo contesto è giocoforza ritenere che, ex art. 1218 cod.civ., anche il semplice ritardo vale ad escludere l'esatto adempimento, con tutto ciò che ne segue. La tenue importanza del ritardo potrà rilevare sul quantum del risarcimento.

Per quanto invece attiene al contratto, l'art. 1455 cod.civ. legittima  la parte non inadempiente a chiedere la risoluzione soltanto quando l'entità dell'inadempimento è di non scarsa importanza. Non sarebbe dunque sufficiente un qualsiasi ritardo, bensì un differimento temporale che importa (al di là della disciplina del termine essenziale, che implica di per sè la risoluzione di diritto ex art. 1457 cod.civ.) un pregiudizio di una certa gravità agli interessi dell'altro contraente.

Il punto cruciale consiste nello stabilire se occorra, ai fini della risoluzione del contratto, una preventiva costituzione in mora.

A questo proposito non sembra si possa sovrapporre il concetto di inadempimento di non lieve importanza con quello di un ritardo qualificato dalla mora (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 635/78 ). Quest'ultima possiede un campo d'applicazione diverso, valendo a sancire un criterio di distribuzione del rischio divergente rispetto a quello ordinario (perpetuatio obligationis), ma non pare decisivo, ai fini della qualificazione della gravità dell'inadempimento, a meno che il contegno inerte del creditore non possa essere interpretato nel senso di un suo disinteresse al differimento cronologico della prestazione (Cass. Civ. Sez. II, 2500/86 )nota4. In altri termini, non è detto che, quando il debitore non è in mora, pur essendo in ritardo, questo ritardo non possa esser qualificato come gravenota5 .

Spesso capita che le parti stabiliscano a priori l'importanza economica dell'eventuale ritardo, predeterminando per il tramite di una clausola penale la misura degli interessi dovuti ovvero la spettanza di determinate somme (Cass. Civ. Sez. I, 6298/96 ). E' tuttavia necessario distinguere le ipotesi in cui la penale risulta prevista per il semplice ritardo da quelle in cui essa è prevista per l'inadempimento definitivo (Cass. Civ. Sez. II, 7078/95 ; Cass. Civ. Sez. II, 3033/95 ).

In tema di caparra confirmatoria si è deciso che la possibilità di trattenere la somma versata (o di richiedere il doppio di quanto versato) è da porre in relazione all'accertamento dell'inadempimento definitivo e, pertanto, alla risoluzione del contratto, non già al semplice ritardo (Cass. Civ. Sez. III, 2032/93 ; Cass. Civ. Sez. III, 2380/75 ).

Note

nota1

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, vol.III, Genova, 1980, p.148.
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nota2

Giorgianni, L'inadempimento. Corso di diritto civile, Milano, 1975, p.138.
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nota3

De Martini, in Giur.Cass.civ., 1948, II, p.753 e Smiroldo, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982, p.363.
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nota4

Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, cit., p.148.
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nota5

Visintini, L'inadempimento delle obbligazioni, in Trattato di dir.priv., dir. da Rescigno, vol.IX, Torino, 1984, p.182.
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Bibliografia

  • DE MARTINI, Giur.cass.civ., II, 1948
  • GIORGIANNI, L’inadempimento: corso di diritto civile, Milano, 1975
  • SMIROLDO, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1992
  • VISINTINI, L'inadempimento delle obbligazioni, Trattato di dir.priv. diretto da Rescigno, IX, 1984

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