Legato di cosa da prendersi in un certo luogo



L'art.655 cod.civ. contempla il caso in cui il testatore leghi cose "da prendersi da certo luogo" e prescrive che la disposizione abbia efficacia "soltanto se le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova". Si pensi al caso di Tizio che lascia a Primo tutti i preziosi volumi antichi che si trovano nella biblioteca della villa di campagna; ancora a quello di Mevio che lega a Filano tutto quanto si possa rinvenire nella propria casa in Roma, Via Appia n.10.

Occorre in primo luogo osservare che la norma appare iscriversi nel più vasto tema della determinazione per relationem dell'oggetto nota1. Da questo punto di vista è necessario analizzare in maniera approfondita il tenore del disposto. Anzitutto si tratta di relatio formale e non sostanziale. Il rinvio è direttamente riconducibile alla volontà testamentaria e non a quella di soggetti estranei. In questo senso la dinamica dell'attribuzione è assolutamente differente da quella di cui all'art.632 cod.civ. (che commina la nullità del legato la cui determinazione, quanto all'oggetto ovvero alla quantità, sia rimessa ad un terzo ovvero all'onerato).

Chiarito questo aspetto, è il caso che ci si occupi del peculiare valore del riferimento alla collocazione delle cose di cui al legato. Salva la disamina che condurremo specificamente sul punto, risulta indispensabile introdurre il criterio di cui al prosieguo della norma. Il legato sortisce effetto per intero "quando, alla morte del testatore, le cose non vi si trovano (nel luogo indicato: n.d.r.), in tutto o in parte, perchè erano state rimosse temporaneamente dal luogo in cui di solito erano custodite" (art.655 cod.civ. ). E' la stessa norma in esame dunque a prevedere la possibilità che le cose siano state rimosse, senza che, per ciò, venga meno l'attribuzione a titolo particolare.

Non si registra tra gli interpreti una opinione comune circa il significato da annettere alle prescrizioni della legge, con speciale riguardo al riferimento operato dal testatore circa la localizzazione dell'oggetto del legato. V'è chi osserva che il legato di cose da prendersi da certo luogo sarebbe da qualificarsi parallelamente anche come di genere limitato nota2. Si sottolinea inoltre come l'indicazione del luogo da parte del testatore svolga la plurima funzione di individuare sia l'identità dell'oggetto del legato, sia la quantità e la qualità delle cose materiali che lo sostanziano nota3. L'operatività della norma in parola richiederebbe comunque raggiunto un esito interpretativo: che l'indicazione del luogo possa dirsi svolgere per il disponente il ruolo di criterio identificativo dell'oggetto del legato nota4.

Si può essere d'accordo con ciascuna di queste affermazioni, ciascuna delle quali contiene un elemento utile per comprendere la sostanza del fenomeno, la cui essenza pare comunque inscindibilmente da rapportarsi con la volontà del testatore, unica vera fonte regolatrice degli effetti attributivi. Anzitutto la norma non riguarda le disposizioni a titolo particolare aventi ad oggetto cose specificamente determinate nota5. Ipotizziamo che Tizio leghi a Caio la Ferrari Testarossa che si trova nel box di casa. Non pare esservi alcun dubbio che il legato sortisca effetto quand'anche la vettura non si trovi nel box, ma nel parcheggio della casa di montagna del de cuius. L'intento del disponente è infatti inteso in modo inequivoco ad attribuire quello specifico bene al legatario, mentre l'indicazione della localizzazione attiene soltanto ad un più agevole reperimento dello stesso. Ecco: la questione a ben vedere si riduce essenzialmente al riferito aspetto. Quando il legato abbia ad oggetto cose di genere, il riferimento al luogo nel quale le stesse possono essere rinvenute deve necessariamente essere interpretato come volontà del testatore di condizionare l'operatività del lascito al fatto che le dette cose ivi si rinvengano, oppure è data la possibilità di indagare un intento eventualmente diverso?Si badi che la risposta non può appiattirsi sulla banale osservazione in base alla quale l'art.655 cod.civ., a differenza di quanto prescriveva l'art.842 cod.civ. del 1865 , contiene esplicitamente la menzione in base alla quale una temporanea rimozione non elimina gli effetti del legato nota6 . Il problema si sposta infatti a valle: quand'anche fosse provato che la rimozione delle cose fosse stabile e volontaria, potrebbe aprirsi un'indagine circa la volontà del testatore di beneficiare comunque il legatario? E' prevalente il parere di quanti negano quest'ultima possibilità. La rimozione permanente o definitiva delle cose dal luogo nel quale si trovavano viene valutata in maniera oggettiva, senza che sia dato discutere di una volontà intesa a mantenere l'efficacia del legato nota7. Nè si potrebbe condurre un ragionamento analogo a quello di cui al III comma dell'art.686 cod.civ. che, in tema di revoca tacita del legato, ammette la prova di un diverso intento del testatore nota8. Questa impostazione, ancorchè condivisibile in linea di massima (non potendo certo accogliersi la tesi c.d. soggettiva, secondo la quale occorrerebbe in ogni modo valutare l'intento reale del disponente), merita comunque alcune precisazioni. Il vero problema è quello di cogliere i reali confini della fattispecie legalmente predeterminata dall'art.655 cod.civ. . Poniamo che il criterio della relazione al luogo in cui le cose si trovano sia stato utilizzato dal testatore semplicemente in chiave di maggior comodità ed allo scopo di agevolarne il reperimento da parte di chi deve dare attuazione alle disposizioni di ultima volontà. Si pensi all'esempio che segue: "lego tutti i miei attrezzi a Caio, con la precisazione che essi possono essere attualmente rinvenuti nella mia officina in Via Appia n.5". Si tratta evidentemente di un caso limite, poichè risulta del tutto chiara ed univoca la volontà del testatore di utilizzare il criterio della relazione al luogo in cui le cose si trovano semplicemente in chiave di maggior comodità, svolto come è allo scopo di agevolare il reperimento di esse da parte di chi deve dare attuazione alle disposizioni di ultima volontà. Cosa dire tuttavia se, nell'esempio appena fatto, dovessimo togliere l'avverbio "attualmente"? L'esito interpretativo diverrebbe assai più incerto. Tutto questo per concludere che, in ogni caso, si tratta di una quaestio voluntatis. Il criterio legale è sicuramente univocamente di ausilio nell'ipotesi "standard", in cui il rinvio al luogo collabora strutturalmente all'identificazione delle cose oggetto del legato, cose che non potranno non essere genericamente determinate, spesso senza che neppure venga indicato parallelamente un genere limitato. Rimarrà tuttavia aperta la possibilità di dar conto di un differente intento del disponente che, dopo aver comunque sufficientemente indicato l'oggetto del legato, venga a meglio connotarlo con un riferimento spaziale inerente all'abituale collocazione nota9.

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Note

nota1

Bonilini-Basini, I legati, in Tratt.dir.civ. diretto da Perlingieri, Napoli, 2003, p.190.
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nota

nota2

Bianca, Diritto civile, vol.II, Milano, 1985, p.600.
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nota3

Masi, Dei legati, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979.
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nota4

Masi, Dei legati, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, p.66; Cicu, Testamento, Milano, 1951, p.239, a giudizio del quale l'indicazione del luogo funge da mezzo di individuazione dell'oggetto della disposizione.
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nota5

Bonilini, I legati, in Comm. al cod.civ., diretto da Schlesinger, Milano, 2001, p.255
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nota6

L'art.842 dell'abrogato codice civile del 1865 prevedeva infatti che l'efficacia del legato di cosa da prendersi da certo luogo fosse sottoposta alla condizione che la cosa si trovasse, al tempo della morte del disponente, ove da costui indicato. Non era dato distinguere tra una rimozione volontaria ed una casuale o temporanea. Furono gli interpreti ad elaborare una mitigazione all'oggettività del discrimine, sulla cui scorta il legislatore ebbe successivamente ad elaborare l'attuale criterio di cui all'ultima parte della norma.
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nota7

Si ritiene infatti che le cose oggetto della disposizione vengono determinate in forza del loro rapporto di normale inerenza al luogo dal quale debbono prendersi, con la conseguenza che la cessazione di tale rapporto, purché definitiva, incide sull'efficacia della disposizione (Masi, op.cit., p.68). Si avrà inefficacia del legato anche quando la rimozione sia effettuata da un terzo incaricato per mandato dal testatore ovvero ottenga da quest'utlimo un'accettazione equipollente a ratifica (Caramazza, Delle successioni testamentarie (Artt.587-712), in Comm.teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.381).
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nota8

Bonilini, op.cit., p.259, Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p.666. Analogamente in giurisprudenza: cfr. Cass., 2762/55.
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nota9

Il criterio della abituale collocazione permette anche di risolvere ulteriori problemi: in particolare le cose che solo occasionalmente si rinvengano nel certo luogo non dovrebbero rientrare nell'oggetto della disposizione testamentaria. Così Pugliatti, Dei legati, in Comm.cod.civ., diretto da D'Amelio-Finzi, Firenze, 1941, p.554 e Trabucchi, voce Legato, in N.mo Dig.it., p.613.
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Bibliografia

  • BIANCA, Diritto civile, Milano, III, 1985
  • BONILINI, I legati , Milano, Comm. cod. civ. dir. da Schlesinger, 2001
  • BONILINI-BASINI, I legati, Napoli, Tratt.dir.civ.dir. da Perlingieri, 2003
  • CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, Novara-Roma, Comm. teor.-prat. cod.civ. dir. De Martino, 1982
  • MASI, Dei legati, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Scialoja e Branca, 1979
  • PUGLIATTI, Dei legati, Firenze, Comm.cod.civ.dir.da D'Amelio-Finzi, 1941
  • TRABUCCHI, Legato (diritto civile), N.mo Dig. it.

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