La legittimazione, connessioni con il tema dell'apparenza



Il concetto che presenta affinità rispetto a quello di capacità è evocato con il termine di "legittimazione".

Con esso si vuole significare che, allo scopo di poter validamente porre in essere un atto, devo trovarmi nella condizione giuridica prevista dalla legge. Ad esempio essere titolare della situazione giuridica soggettiva di cui si dispone o essere investito ritualmente del potere di farlo da chi ne risulta essere titolare.

Si prescinde cioè dalla capacità di agire, che involge una diversa valutazione afferente all'essere maggiore d'età, sano di mente etc. nota1.

Occorre anche rilevare che la "capacità di agire" allude all'idoneità di un soggetto a compiere da sé un tipo di atto , la "legittimazione" invece all'attitudine ad un singolo atto , secondo le peculiarità del caso.Anche un soggetto che sia minore d'età, dunque legalmente incapace di agire, può essere considerato come legittimato in ordine al compimento dell'atto quando il grado di maturazione mentale sia tale da consentirgli la piena comprensione della propria condotta giuridica e gli siano stati conferiti poteri rappresentativi da chi sia legalmente capace di agire (art. 1389 cod. civ. ). Da questo esempio si intende come legittimazione e capacità di agire siano concetti non coincidenti non soltanto nel senso che un soggetto legalmente capace possa esser sprovvisto di legittimazione (in quanto non titolare del diritto di cui si dispone), ma anche nel senso inverso, che cioè un soggetto sprovvisto di capacità di agire possa essere legittimato al compimento dell'atto nota2.

Non sempre il difetto di legittimazione cagiona invalidità dell'atto: vi sono ipotesi in cui l'ordinamento viene a tutelare i terzi che hanno fatto affidamento sulla situazione di titolarità apparente in capo al disponente, pure sfornito di legittimazione.Se, ad esempio, desidero acquistare una madia, un tavolo e dovessi svolgere accertamenti circa la titolarità del diritto del mio dante causa, ciò implicherebbe una serie di indagini a catena, almeno sino a ricostruire una serie di validi trasferimenti di proprietà che giunge almeno sino al compimento del termine ad usucapionem.Soltanto così potrei ritenermi al riparo da contestazioni di terzi circa la bontà del mio acquisto.

Invece la legge, come vedremo, ha approntato una regola che vale a tutelare chi acquisti in buona fede in base ad un titolo idoneo a conseguire la proprietà di un bene mobile (art. 1153 cod. civ. ) indipendentemente dalla valida consecuzione della titolarità del diritto da parte del disponente nota3 .

Questa situazione di apparenza sarà oggetto di specifica considerazione in sede di analisi delle fattispecie acquisitive appellate acquisti a non domino.

Note

nota1

Si confronti Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, p. 66, secondo il quale esiste una netta contrapposizione fra il concetto di capacità (sia giuridica che di agire) e quello di legittimazione, essendo sinonimo il primo di idoneità del soggetto alla titolarità o all'esercizio di posizioni giuridiche, il secondo di competenza del soggetto a disporne.
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nota2

Sul punto in dottrina vi è ormai piena concordanza. Si vedano, tra gli altri, Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, p. 34; Bianca, op.cit., p. 91.
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nota3

Si tratta della regola del c.d."possesso vale titolo". Perchè si possa invocare la tutela ex art. 1153 cod. civ. , occorre che l'atto di alienazione del bene provenga dal non proprietario, il quale però dichiari di esserlo a tutti gli effetti. Questa regola non può essere applicata al caso del falsus procurator: quest'ultimo infatti non contrae e non assume un impegno in nome proprio, ma spendendo il nome altrui. Il presunto rappresentato non può sottostare agli effetti di un negozio che gli è estraneo. Si tenga però presente che se, al contrario, abbia dato causa all'apparente legittimazione, allora il contratto concluso dal falso rappresentante sarà nei suoi confronti efficace. In questo caso si applicherà il principio dell'apparenza, in base al quale chi crea l'evidenza di una condizione di fatto non conforme al diritto è assoggettato alle conseguenze di tale condizione nei confronti di chi vi abbia fatto senza colpa affidamento. Cfr. Argiroffi, Del possesso di buona fede di beni mobili, in Comm. cod. civ. diretto da Schlesinger, Milano, 1988, p. 97; Di Gregorio, La rappresentanza apparente, Padova, 1996, pp. 214 e ss.; Mengoni, L'acquisto a non domino, Milano, 1975, pp. 75 e ss., pp. 116 e ss., pp. 134 e ss.
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Bibliografia

  • ARGIROFFI, Del possesso di buona fede di beni mobili, Milano, 1988
  • DI GREGORIO, La rappresentanza apparente, Padova, 1996
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002

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