Il fenomeno dell'accrescimento nella successione a causa di morte



La naturale collocazione dell'istituto dell'accrescimento si situa nell'ambito della successione a causa di morte, concepita in senso ampio . A questo proposito non ci si deve far trarre in inganno dall'incompatibilità tra il concetto di successione in senso tecnico e la vicenda alternativa di attribuzione in cui si concreta l'accrescimento.

Quest'ultimo viene infatti in esame nell'ambito della Sezione IV del capo V del titolo III (delle successioni testamentarie) del II libro del codice civile (artt. 674 e ss. cod. civ.) come criterio di devoluzione della parte di un'eredità di cui si è disposto per testamento, quando venga meno uno o più tra i nominati coeredi. Detto criterio viene evocato come concorrente, secondo le regole che analizzeremo partitamente, rispetto ad altri, quali la sostituzione e la rappresentazione nota1 .

Il fenomeno non è limitato all'istituzione d'erede: l'art. 675 cod. civ. prevede infatti che esso operi anche tra più collegatari.

Non basta ancora: secondo un'interpretazione l'accrescimento non sarebbe limitato all'ambito della successione testamentaria, riguardando anche la successione ab intestato e svolgendo addirittura i propri effetti nell'ambito delle regole concernenti la successione necessaria o dei legittimari nota2.

Per quanto attiene alla successione legittima o ab intestato si rammenta il modo di disporre dell'art. 522 cod. civ., in forza del quale la parte di colui che rinunzia si accresce a coloro che avrebbero concorso col rinunziante, salvo il diritto di rappresentazione e salvo il disposto di cui all'art. 571 ultimo comma cod.civ., cioè il caso della successione degli ulteriori ascendenti.

Il I comma dell'art. 571 cod. civ. a propria volta fa menzione della quota destinata ai genitori nel concorso con i fratelli e le sorelle, prescrivendo che, in ogni caso, la parte devoluta ad essi o anche ad uno solo di loro sia pari alla metà. La norma viene pertanto a propria volta a configurare implicitamente un'ipotesi eventuale di accrescimento nella misura in cui la stessa quota riservata ai due genitori si può devolvere ad uno soltanto quando manchi l'altro.

Si tratta di vero accrescimento?

Prima di cercare una risposta al quesito conviene da ultimo assumere in considerazione l'ipotesi della successione necessaria.

Si è infatti sostenuto che la porzione legittima non si determinerebbe, dal punto di vista quantitativo, in base all'esistenza in astratto di soggetti compresi nell'ambito dei legittimari. Essa dovrebbe piuttosto essere calcolata in base ai legittimari concretamente chiamati all'eredità. Quando taluno dei chiamati venisse meno rispetto alla successione e non operasse la rappresentazione, avrebbe luogo l'accrescimento nota3.

Si pensi all'ipotesi in cui Primo, che ha disposto in vita con donazioni effettuate a favore di Quarto, non legato da rapporti di parentela, venga meno senza lasciare beni pur avendo due figli, Secondo e Terzo. Questi ultimi, che rivestono la qualità di legittimari, potranno agire riducendo le predette donazioni. La quota di legittima d'altronde è mobile: nel caso in cui vi sia un figlio essa è pari alla metà, quando i figli siano due o più è pari a due terzi dell'asse (art. 537 cod. civ.).

Ciò premesso, che cosa dire dell'eventualità in cui Secondo rinunzi all'eredità e non abbia luogo la rappresentazione?

La quota di legittima spettante a Terzo sarà pari a due terzi ovvero alla sola metà?

La prima risposta sarebbe coerente con l'operatività dell'accrescimento riferita alla porzione legittima, la seconda con il principio generale di cui all'art. 521 cod. civ., in forza del quale il rinunziante si considera come se non fosse mai stato chiamato (principio della retroattività della rinunzia).

Appare preferibile quest'ultima soluzione, che sembra esser stata accolta anche in giurisprudenza, sia pure in relazione al diverso tema della divisione ereditaria, essendo stato accolto il principio del computo della porzione legittima in concreto, senza tener conto della posizione di uno dei legittimari, la cui delazione sia caduta (nella fattispecie in esito all'accettazione di un legato in sostituzione di legittima: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1529/95 ) nota4.

Tornando al quesito posto più sopra, la legge indubbiamente pone, anche nell'ambito della successione che si devolve per legge, un criterio di attribuzione fondato sull'incremento della porzione attribuita ad uno o più dei successibili conseguente al venir meno della delazione a favore di altri nota5.

Concludere nel senso che si tratti di vero accrescimento o di un fenomeno analogo e tuttavia diverso rischia di ridursi a poco più di una sterile esercitazione dogmatica. La soluzione richiederebbe chiarezza circa la natura giuridica dell'accrescimento nell'ambito della successione testamentaria: a questo proposito l'opinione nota6 che fonda l'istituto sulla presunta volontà del de cuius non sembra vantare esclusivamente argomenti favorevoli.

Si rifletta in ogni caso che, unico dato importante, è quello che attiene alla concreta disciplina applicabile.

Se anche si fosse d'accordo nel qualificare i riferiti fenomeni non già come legati ad una vocazione solidale, bensì in chiave di automatismi legali in forza dei quali si determina un incremento della partecipazione di un soggetto alle vicende attributive legate alla morte del de cuius , non pare contestabile che le caratteristiche consistenti nell'impossibilità di rinunziare all'effetto favorevole, nell'automaticità e nella retroattività del medesimo, siano del tutto analoghe a quelle che si riscontrano a proposito dell'istituto di cui agli artt. 674 e ss. cod. civ..

Note

nota1

Bianca, Diritto civile, vol.II, Milano, 1985, p.450.
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nota2

Anche nelle successioni legittime, dunque, l'accrescimento dovrebbe avere la stessa ampiezza che nella successione testamentaria e perciò non può non riferirsi a tutti i casi in cui il chiamato non voglia o non possa accettare l'eredità : Bonilini, Nozioni di diritto ereditario, Torino, 1993, p. 47 e Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. teorico-pratico al cod.civ., dir. da De Martino, Novara-Roma, 1981, p. 449.
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nota3

Secondo questo orientamento dottrinale (cfr. Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.1148) dovrebbe parlarsi di accrescimento in senso tecnico in quanto la quota indisponibile dovrebbe essere determinata con riferimento alla situazione esistente al momento della morte del de cuius (perciò occorrerà fare riferimento non a coloro che vengono effettivamente alla successione, ma ai chiamati); inoltre, essendo la vocazione necessaria e la vocazione legittima due figure da ricomprendere nello stesso genus di vocazione legale, si potrebbe applicare alla successione dei legittimari l'art. 522 cod. civ. dettato in tema di accrescimento nelle successioni legittime (così Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977, p.237 ss.; Piras, Successioni per causa di morte, Parte generale, Successione necessaria, in Tratt. dir. civ. a cura di Grosso e Santoro-Passarelli, vol.II, Milano, 1965, p.204 ss).
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nota4

Capozzi, Successioni e donazioni, t.2, Milano, 1983, p.533.Questa interpretazione sembra più coerente con la fondamentale regola contenuta nell'art. 521 cod. civ. (retroattività della rinunzia all'eredità) ai sensi della quale colui che rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato (Mengoni, Successione a causa di morte, Parte speciale, Successione necessaria, in Tratt. dir. civ. e comm., dir. da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, vol.XLIII, t.2, Milano, 1984, p.163; Ferri, Delle successioni. Dei legittimari, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma 1980, p.31). In secondo luogo, essa si impone dalla esegesi, anche letterale, di alcune norme dettate in tema di successione necessaria dalle quali si ricava che il legislatore italiano ha preso in considerazione, ai fini del calcolo delle quote indisponibili, non i legittimari superstiti al momento dell'apertura della successione, bensì i legittimari che effettivamente vengono all'eredità. Si guardi ad esempio all'art. 538 cod. civ. (che regola la riserva spettante agli ascendenti). Esso deve ritenersi applicabile non solo al caso in cui il de cuius non abbia avuto figli o che questi siano tutti premorti o assenti, giacché, altrimenti, laddove sopravvivessero figli capaci di succedere e tutti rinunziassero, si dovrebbe concludere o nel senso che rimane ferma a beneficio degli ascendenti la quota riservata di due terzi stabilita dall'art. 537 cod. civ. , oppure nel senso che non sorge alcun diritto di riserva in favore degli ascendenti, conclusioni, sia l'una che l'altra, evidentemente inammissibili. E analogo discorso vale per l'art. 542 cod. civ. , in quanto se il de cuius lascia il coniuge e un figlio, è certo che, rinunziando il figlio, la sua quota di riserva non si accresce al coniuge, bensì si applica l'art. 540 cod. civ. ovvero, se vi sono ascendenti, l'art. 544 cod. civ. .Infine deve essere rilevato che, parlandosi di quota di riserva, si vuole indicare una porzione della massa dei beni relitti e donati che viene, appunto, riservata al legittimario, se e in quanto costui adisca l'eredità: essa non costituisce una quota ereditaria, già devoluta all'erede necessario al momento dell'apertura della successione. Ciò ben si comprende se si ha presente che il legittimario che sia totalmente pretermesso dal de cuius, deve agire con l'azione di riduzione per ottenere quanto gli spetta e, solo dopo l'esperimento vittorioso di quell'azione può conseguentemente acquistare i diritti a lui riservati. Alla luce di tali rilievi si può, pertanto, ribadire che non può parlarsi di accrescimento nella successione necessaria e che, quindi è più corretto affermare che il legittimario rinunziante non vada calcolato ai fini della determinazione della quota di patrimonio indisponibile.
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nota5

Perciò a giudizio di alcuni (Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, vol.I, Milano, 1952, p.91; Robbe, voce Accrescimento, in N.sso Dig.it., vol.I, 1957, p.168; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.VI, Milano, 1962, p.382) il fenomeno previsto dall'art. 522 cod. civ. sarebbe un autentico accrescimento, uguale a quello della successione testamentaria ( di cui all'art. 674 cod.civ.), in quanto si avrebbe una vocazione solidale (seppure sui generis) di più persone in un unico oggetto con la conseguenza che, verificatasi la vacanza, il diritto dei superstiti si dilata. In realtà si è osservato Ferri, cit., p.102, Gazzara, voce Accrescimento, in Enc.dir., vol.I, 1958, p.329; Scognamiglio, Il diritto di accrescimento nelle successioni a causa di morte, Milano, 1953, p.289) che solo per approssimazione si può parlare di accrescimento perché nella successione legittima non si riscontra una vocazione solidale a favore di un gruppo di persone, ma una semplice designazione, ad opera della legge, dei successori del de cuius determinando, con una serie di norme alternativamente applicabili, le vicende del fenomeno successorio, a seconda dell'insorgenza (o meno) del concorso tra una pluralità dì aventi diritto di pari grado.
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nota6

Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947, p.156 ss.
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Bibliografia

  • BARASSI, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947
  • BIANCA, Diritto civile, Milano, III, 1985
  • BONILINI, Nozioni di diritto ereditario, Torino, 1986
  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1952
  • GAZZARA, Accrescimento, Milano, Enc. dir., 1978
  • MENGONI, Successione necessaria, Milano, Tratt.dir.civ.e comm.Cicu Messineo, XLIII, 1984
  • PIRAS, Successione per causa di morte, Milano, 1965
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981
  • ROBBE, Accrescimento, N.sso Dig.it., I, 1957
  • SCOGNAMIGLIO, Il diritto di accrescimento nelle successioni a causa di morte, Milano, 1953

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