Fine della giacenza ereditaria



L'art. 532 cod. civ. tratta della cessazione della curatela nota1.

Viene anzitutto in considerazione l'acquisto dell'eredità in capo a taluno dei chiamati, in qualunque modo conseguito (si pensi, oltre all'accettazione espressa di cui all'art.475 cod. civ. , a quella intervenuta tacitamente ex artt.476 , 477 e 478 cod. civ., infine alle ipotesi di c.d. accettazione "presunta", anche definite come casi di acquisto senza accettazione: cfr. gli artt. 485 e 487 cod. civ.) nota2. Costituisce a ben vedere una mera variante della causa di cessazione della curatela appena accennata l'intervenuta rinunzia all'eredità da parte di tutti i chiamati testamentari e/o per legge. Una volta infatti subentrata la rinunzia, seguirà automaticamente la devoluzione dell'eredità allo Stato ex art.586 cod. civ. . nota3.

Cosa dire invece quando non già si determini l'acquisto dell'eredità in capo al chiamato, bensì costui consegua il possesso dei beni ereditari? Se è vero che l'assenza di un chiamato possessore è condizione per farsi luogo alla nomina del curatore, non si può dire, inversamente, che nell'ipotesi fatta la giacenza venga meno. Nel caso fatto, la situazione si paleserebbe contraria alle regole di buona amministrazione del compendio ereditario nota4. Il curatore ben potrebbe agire instando per il recupero dei beni da chi ne vantasse il possesso quale mero chiamato, salva ovviamente per quest'ultimo la possibilità di acquisire l'eredità accettandola nota5.

Quando invece viene a mancare ogni attivo ereditario l'attività del curatore viene a sfumare: più non sussiste in tal caso l'esigenza di provvedere all'amministrazione ed alla conservazione dei beni dell'asse nota6.

La curatela termina senza che occorra, al proposito, un provvedimento ufficiale da parte dell'autorità giudiziaria nota7. Questa automatica operatività non toglie che sia necessario far constare il fatto in qualche modo. Si pensi ai procedimenti civili in corso nei quali il curatore sia costituito in giudizio. La conseguente interruzione del processo si produrrà a far tempo dalla dichiarazione in udienza (o dalla notificazione alle parti) dell'evento interruttivo (Cass. Civ. Sez. III, 12784/98 apri). Cosa dire dell'eventualità in cui il curatore, al quale sia sconosciuta l'intervenuta accettazione da parte del chiamato, prosegua nella propria attività? E' stato al riguardo prospettato il ricorso in via analogica da parte dei terzi in buona fede alla regola di cui all'art. 1729 cod. civ. , a mente del quale gli atti posti in essere dal mandatario prima di sapere dell'estinzione del mandato sono validi nota8.

Viceversa eventi quali la morte, la sopravvenuta incapacità giuridica speciale ovvero di agire del curatore (in esito all'interdizione, all'inabilitazione, alla condanna penale o al fallimento) non determinano in maniera automatica la cessazione della condizione di giacenza, piuttosto ponendo il tema della sostituzione del soggetto titolare della carica nota9.

Note

nota1

V'è chi ha rilevato come, a rigore, dovrebbe parlarsi di termine della giacenza (Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p. 103). L'appunto è condivisibile limitatamente alle ipotesi dell'intervenuta accettazione dell'eredità da parte di taluno dei chiamati ovvero, inversamente, della rinunzia di ciascuno di costoro. Nell'ipotesi di esaurimento dell'attivo ereditario invece non tanto si può dire, a rigore, che sia venuta a cessare la situazione di indeterminatezza relativa alla devoluzione della qualità ereditaria, quanto che la curatela abbia perso ogni pratica giustificazione, nulla più essendovi da amministrare.
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nota2

Palazzo, Le successioni, in Tratt. dir. priv., diretto da Iudica-Zatti, vol.II, Milano, 2002, p. 415.
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nota3

Anche la devoluzione dei beni allo Stato infatti costituisce causa di cessazione della giacenza. In questo senso l'opinione prevalente: cfr. Cariota Ferrara, Questioni in tema di eredità giacente, in Studi in onore di Santoro Passarelli, vol. I, Napoli, 1972, p.542 e Prestipino, Delle successioni in generale (Artt.456-535), in Comm. cod. civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.514. In senso contrario parte della dottrina (Ferri, Successioni in generale (Artt.512-535), in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, p.190) ritiene che le funzioni del curatore debbano permanere intatte fino a quando non siano state soddisfatte le ragioni dei creditori e dei legatari: il curatore potrebbe infatti optare per la liquidazione concorsuale, offrendo in questo la massima garanzia di rispetto della par condicio creditorum, a fronte della responsabilità limitata dello Stato.
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nota4

Natoli, L'amministrazione nel periodo successivo all'accettazione, in L'amministrazione di beni ereditari, vol. I, Milano, 1968, p. 307.
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nota5

Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p. 1161.
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nota6

Scopo principale della curatela è infatti l'amministrazione e la conservazione del patrimonio e tale fine viene meno quando non esiste più alcun bene: Natoli, op.cit., p. 316 e Ferri, op.cit., p. 186 e Grosso-Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt.dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1977, vol. XII, t.1, p. 222. Contra Trimarchi, L'eredità giacente, Milano, 1954, p. 88, secondo il quale la curatela non dovrebbe in tal caso cessare. Sarebbe infatti pur sempre possibile la scoperta di altri beni ereditari o l'incremento del patrimonio relitto per effetto di fatti naturali o per il maturare dell'usucapione. A questa tesi può tuttavia replicarsi che le ragioni dei creditori e dei legatari sono già sufficientemente tutelate sia dalla possibilità di ottenere soddisfacimento nei confronti dell'erede, sia da quella di promuovere la riapertura della curatela. Il riemergere dei presupposti della giacenza può ben determinare infatti la praticabilità di una nuova curatela giudiziale, alla quale si ritiene siano applicabili in via analogica le norme previste per la riapertura del fallimento (artt. 121 apri , 122 e 123 della Le gge fallimentare) (così Lipari, L'eredità giacente, in Successioni e donazioni diretto da Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p. 371).
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nota7

Si ritiene infatti che la giacenza non richieda alcun formale provvedimento inteso a dichiararne la cessazione, non essendo in gioco altro interesse se non quello dell'erede (diversamente dalla tutela, ove occorre contemperare anche gli interessi dei terzi) (Grosso-Burdese, op.cit., p.223; Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione ed acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Tratt.dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol.XII, Milano, 1961, p.159). In senso contrario, altra parte della dottrina (Trimarchi, op.cit., p.85 e Lipari, op.cit., p.371) sostiene la necessità di un provvedimento del tribunale, al quale dovrebbe riconoscersi carattere costitutivo dell'esaurimento dello stato di giacenza. Solo in questo modo si garantirebbe un grado di pubblicità idoneo a tutelare tutti quei soggetti interessati che hanno fatto affidamento sulla persistenza dello stato di giacenza (in particolare creditori, legatari, chiamati in subordine, aventi causa).
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nota8

Capozzi, op.cit., p. 104. Si potrebbe altresì ritenere applicabile l'art. 742 c.p.c. che fa salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di una convenzione posta in essere anteriormente alla revoca: così Palazzo, op.cit. , p. 416.
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nota9

La giacenza infatti non viene meno per cause attinenti alla persona del curatore. Anche l'eventuale revoca dell'ufficio o la rinunzia non produrrebbero altro esito se non quello di creare le condizioni affinché il giudice proceda nuovamente, d'ufficio o su istanza degli interessati, alla nomina di un nuovo curatore, sempre che ne sussistano ancora i presupposti (Prestipino, op.cit., p. 512). Ne segue che nel periodo di temporanea vacanza dell'ufficio l'eredità continua a considerarsi giacente ed il chiamato non riacquista i poteri di amministrazione di cui all'art. 460 cod.civ. (Grosso-Burdese, op.cit. , p. 220).
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Bibliografia

  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002
  • CARIOTA-FERRARA, Questioni in tema di eredità giacente, Napoli, Studi in onore di Santoro-Passarelli, I, 1972
  • GROSSO-BURDESE, Le successioni. Parte generale, Torino, Tratt.dir.civ. it. diretto da Vassalli, XII - t.1, 1977
  • LIPARI, L'eredità giacente, Padova, Successioni e donazioni, I°, 1994
  • NATOLI, L'amministrazione dei beni ereditari, Milano, I, 1968
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Trattato di dir. priv. a cura di Iudica e Zatti, I, 2000
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981
  • TRIMARCHI, L'eredità giacente, Milano, 1954

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