Decreto Legislativo del 2003 numero 5 art. 40


abrogato - PROCEDIMENTO DI CONCILIAZIONE

[1. I regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico.
2. Se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l'accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all'esperimento del tentativo di conciliazione.
(Comma così modificato dall'art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37)
3. Le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate, salvo quanto previsto dal comma 5, nel giudizio promosso a seguito dell'insuccesso del tentativo di conciliazione, nè possono essere oggetto di prova testimoniale.
4. Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l'avvenuta ricezione, l'istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell'articolo 38 produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui al comma 2 presso la segreteria dell'organismo di conciliazione.
5. La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell'eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell' articolo 96 del codice di procedura civile. Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente.
6. Qualora il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su istanza della parte interessata proposta nella prima difesa, dispone la sospensione del procedimento pendente davanti a lui fissando un termine di durata compresa tra trenta e sessanta giorni per il deposito dell'istanza di conciliazione davanti ad un organismo di conciliazione ovvero quello indicato dal contratto o dallo statuto. Il processo può essere riassunto dalla parte interessata se l'istanza di conciliazione non è depositata nel termine fissato. Se il tentativo non riesce, all'atto di riassunzione è allegato il verbale di cui al comma 2. In ogni caso, la causa di sospensione si intende cessata, a norma dell' articolo 297, primo comma, del codice di procedura civile, decorsi sei mesi dal provvedimento di sospensione.
7. Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell'iscrizione dell'organismo di conciliazione nel registro di cui all'articolo 38.
8. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
(Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003)].
(Articolo abrogato dal comma 1 dell'art. 23, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28)

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