Danni futuri: perdita o diminuzione dell'attitudine lavorativa



Ogniqualvolta l'inadempimento produce un danno alla persona si pone il problema, del tutto distinto dalla questione del danno biologico nonché da quello relativo alla sofferenza in sé (Cass. Civ. Sez. III, 12319/98 ), della perdita di capacità del danneggiato in ordine alla produzione di reddito (e della relativa prova: cfr. Cass. Civ. Sez. III, 4235/99 ). Non ogni danno alla persona si traduce infatti in un'inabilità (Cass. Civ. Sez. III, 2639/98 ). Si pensi alla lesione relativa ai denti provocata ad un soggetto che svolge mansioni di impiegato nel corso dell'effettuazione di cure mediche. In concreto non si evidenzia nessun pregiudizio afferente alla capacità lavorativa di costui. L'inabilità può essere temporanea o permanente, parziale o totale. La temporaneità o la permanenza attiene alla durata dell'inabilità, la parzialità o la totalità al grado dell'invalidità in relazione all'attitudine lavorativa. Parzialità o totalità possono inoltre combinarsi rispetto alle temporaneità ed alla permanenza (potendo pertanto darsi inabilità temporanea parziale o totale ed inabilità permanente altrettanto parziale o totale). Una distinzione è anche proponibile in tema di capacità lavorativa, qualificabile come generica se rapportata ad una del tutto generale attitudine del soggetto a prestare una qualsiasi attività lavorativa, specifica quando si riferisca ad una particolare attivitànota1. La distinzione è importante perché, come nell'esempio fatto, un danno invalidante può comportare un danno in relazione alla capacità di produrre reddito se posto in relazione ad una certa attività lavorativa, al contrario può non sortire alcun effetto negativo sulla capacità reddituale che scaturisce dal rivestire altre mansioninota2 . Si pensi a colui che riporta danni all'udito e che svolge un lavoro nel quale occorre proteggersi dai rumori e non occorre comunicare con altri soggetti. Anche in questo caso la prova del lucro cessante rapportata alla capacità lavorativa specifica deve essere fornita da colui che fa valere il danno (Cass. Civ. Sez. III, 1764/98 ).Una volta accertata l'entità (in base a tabelle predisposte in materia di infortuni sul lavoro) e la durata dell'invalidità si procede distintamente per quanto attiene alla determinazione del danno attinente alla incapacità temporanea, commisurata al reddito che è venuto meno in capo al danneggiato. Fino a qui non sorgono problemi particolari, poiché si fa riferimento ai guadagni attuali del creditore. Assai più problematico è il computo dei danni conseguenti all'inabilità permanente, che attengono al futuro. Si parla a questo proposito di danni futuri (Cass. Civ. Sez. III, 11143/95 ), ma più correttamente si dovrebbe riferire dei riflessi o conseguenze future di un danno che è comunque attuale. Come fare a determinare il futuro guadagno medio di un soggetto? Se quest'ultimo ha raggiunto quella che può essere ritenuta una compiuta maturazione professionale è ragionevole riferirsi alle prospettive di carriera usuali in relazione ad una determinata posizione lavorativa. Ogniqualvolta invece il danneggiato non abbia ancora raggiunto l'età lavorativa ovvero si trovi in una fase di sviluppo professionale dagli esiti indefiniti, ci si trova di fronte ad una determinazione in rapporto alla quale è usuale il ricorso a presunzioni. Così in giurisprudenza si è fatto riferimento agli studi intrapresi dal giovane danneggiato (Cass. Civ. Sez. III, 6420/98 ), alla situazione socio-economica familiare, alla prospettive della formazione professionale iniziata. In difetto di specifici elementi, come nel caso in cui il soggetto non svolga alcuna attività né possieda particolari attitudini o titolo di studio, si è soliti far riferimento ad una capacità lavorativa generica, tale da garantire per lo meno la sussistenza. Ad una valutazione del valore in sé delle prestazioni, indipendentemente dalla gratuità dell'erogazione di esse, si provvede anche in riferimento allo svolgimento di attività che, pur non retribuite (volontariato, la cura della casa; cfr.Cass. Civ. Sez. III, 8970/98 ) sicuramente possiedono un valore economico. In esito all'accertamento dell'entità dei redditi futuri presunti, il risarcimento dovrà essere rapportato percentualmente al grado di inabilità, nonché rapportato all'aspettativa media di vita del danneggiato (capitalizzazione effettuata in genere sulla base delle tariffe di cui al r.d. 9 ottobre 1922 n.1403: Cass. Civ. Sez. III, 5795/98 ).

Note

nota1

In questo senso Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, in Comm.cod.civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma,1979, p.295.
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nota2

Analogamente Gaudino, in Comm.cod.civ., vol.IV, Torino, 1999, p.147.
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Bibliografia

  • BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, Bologna - Roma, Comm.cod.civ. a cura di Branca e Scialoja, 1979
  • GAUDINO, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, IV, 1999

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