Cass. civile, sez. III del 2013 numero 9158 (16/04/2013)




L'accettazione dell'eredità con il beneficio di inventario, determinando l'oggettiva ed originaria limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti del de cuius entro il valore dei beni ereditari, comporta una posizione dell'erede del debitore, di fronte alle ragioni del creditore del defunto, quantitativamente diversa o più favorevole. Tale accettazione va, dunque, eccepita nel giudizio cognitorio al creditore del de cuius che faccia valere illimitatamente la propria pretesa, valendo detta eccezione a contenere nei limiti da essa imposti l'estensione e gli effetti della pronuncia giudiziale, la quale, in mancanza di tale accertamento, non è più contestabile in sede esecutiva, non essendo ivi validamente deducibile per la prima volta la qualità di erede con beneficio di inventario. La mancata rituale proposizione di una tale difesa nella sede cognitiva sua propria ed esclusiva, pertanto, lungi dall'abilitare l'erede a riproporla in altro giudizio, ne comporta l'irrimediabile definitiva decadenza.
Tra gli eredi non esiste mai un rapporto di solidarietà attiva per i crediti, salvo che si tratti di obbligazioni indivisibili, configurabili, ex art. 1316 c.c., ogni qualvolta la prestazione abbia per oggetto una cosa o un atto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti. Il singolo erede, pertanto, può agire esecutivamente per l'intero credito ereditario, ove il titolo esecutivo riconosca quest'ultimo ed anche quando la condanna sia pronunciata nei confronti di tutti i coeredi, ma senza espressa specificazione né di una limitazione per quote, né di una solidarietà attiva.

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