Cass. civile, sez. III del 2002 numero 6735 (10/05/2002)


In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, il risarcimento dei danni, che costituiscono conseguenza diretta ed immediata dell'inadempimento del ginecologo all'obbligazione di natura contrattuale gravante su di lui, spetta non solo alla madre, ma anche al padre, atteso il complesso di diritti e doveri che, secondo l'ordinamento si incentrano sul fatto della procreazione; non rilevando, in contrario, che sia consentito solo alla madre (e non al padre) la scelta in ordine all'interruzione di gravidanza, atteso che, sottratta alla madre la possibilità di scegliere a causa dell'inesatta prestazione del medico, agli effetti negativi del comportamento di quest'ultimo non può ritenersi estraneo il padre, che deve perciò ritenersi tra i soggetti "protetti" dal contratto col medico e quindi tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta può qualificarsi come inadempimento, con tutte le relative conseguenze sul piano risarcitorio.Nella causa tra la donna che chiede il risarcimento dei danni derivatile dal non aver potuto esercitare il suo diritto a interrompere la gravidanza ed il medico che sostiene l'insussistenza del nesso causale perché la donna non avrebbe comunque potuto esercitarlo, alla donna spetta provare i fatti costitutivi del diritto, al medico i fatti idonei ad escluderlo. Pertanto, non spetta alla donna provare che quando è maturato l'inadempimento del medico il feto non era ancora pervenuto alla condizione della possibilità di vita autonoma, ma spetta al medico provare il contrario.

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