Cass. civile, sez. Unite del 2019 numero 25021 (07/10/2019)




Gli atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall'art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 17 della legge n. 47 del 1985) e dall'art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985, per gli atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti, ove da essi non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria, ovvero ad essi non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione o dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Nonostante il diverso tenore letterale dell'art. 40, L. 28 febbraio 1985, n. 47 e dell'art. 46, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici o loro parti, qualunque sia il tempo di realizzazione degli stessi, sono soggetti alla comminatoria di nullità in caso di mancata osservanza delle prescrizioni ivi previste. Le norme innanzi richiamate trovano applicazione anche agli atti di scioglimento della comunione ereditaria, attesa la natura costitutivo - traslativa, e non meramente dichiarativa, degli stessi.
Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dall'art. 46 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dall'art. 40, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della "possibilità giuridica", e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale. La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Allorquando tra i beni costituenti l'asse ereditario vi siano edifici abusivi, ogni coerede ha diritto, ai sensi dell'art. 713, comma 1, c.c., di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione ereditaria per l'intero complesso degli altri beni ereditari, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti.
In forza delle disposizioni eccettuative di cui all’articolo 46, comma quinto del dpr 380/01 e all’articolo 40, commi quinto e sesto, della legge 47/1985, lo scioglimento della comunione - ordinaria ed ereditaria – relativa a un edificio abusivo che si rende necessaria nell’ambito dell’espropriazione di beni indivisi (divisione cosiddetta “endoesecutiva”) o nell’ambito del fallimento (ora, liquidazione giudiziale) e delle altre procedure concorsuali (divisione cosiddetta “endoconcorsuale”) è sottratta alla comminatoria di nullità prevista per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi, dall’articolo 46 comma primo del dpr 380/01 e dall’articolo 40, commi quinto e sesto, della legge 47/1985.

Documenti collegati

Percorsi argomentali

Aggiungi un commento


Se vuoi aggiornamenti su "Cass. civile, sez. Unite del 2019 numero 25021 (07/10/2019)"

Iscriviti alla Newsletter di WikiJus!

Iscriviti