Cass. civile, sez. III del 2017 numero 29321 (07/12/2017)




L’art. 49 della l. notarile (nel testo fissato dall’art. 1 della l. n. 333/1976) secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di "tutti gli elementi" atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest'ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti; l'accertamento relativo è demandato al giudice del merito, il cui giudizio è incensurabile in cassazione se motivato in maniera congrua e logica. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto non congruamente motivata la decisione impugnata che aveva ritenuto assolti gli obblighi incombenti in capo al notaio per essersi lo stesso limitato ad esaminare i documenti di identità, facendo affidamento sull’interesse della Banca alla stipula del mutuo e sul significativo rapporto di fiducia tra la medesima e l’acquirente, ed a verificare l’esistenza di una procura speciale a vendere, rivelatasi poi falsa).

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