Cass. civile, sez. III del 1976 numero 2082 (07/06/1976)


La norma di cui all'art. 1513 cod. civ. - secondo cui, nel caso di divergenza sulla qualità e la condizione della cosa venduta, il venditore o il compratore che non abbiano chiesto la verifica della cosa medesima, debbono provarne rigorosamente l'identità e lo stato - si riferisce a qualsiasi ipotesi di controversia circa l'esistenza di requisiti della res vendita, la cui mancanza comporti la inadempienza del venditore all'obbligo di consegnare la cosa pattuita o di garantire il compratore dai vizi o dai difetti di qualità o di funzionamento. Ne discende che la suddetta verifica è necessaria non solo per l'accertamento dei cennati vizi e difetti, ma anche per quello diretto a stabilire se la cosa consegnata costituisca, o meno, un aliud pro alio.Nella vendita di cosa futura la correlazione fra l'acquisto della proprietà da parte del compratore e il venire ad esistenza della cosa costituisce una conseguenza naturale ma non indefettibile del negozio, data la natura non cogente della norma di cui all'art. 1472 cod. civ.. pertanto, non è precluso alle parti di stipulare un contratto di vendita a prova di cose future, determinate solo nel genere, nel quale il trasferimento della proprietà è, non solo, differito al momento in cui viene compiuta l'individuazione, ai sensi dell'art. 1378 cod. civ., ma, altresì, subordinato al verificarsi di un evento condizionante, qual'è l'esito positivo della prova di cui all'art. 1521 cod. civ.. (nella specie, la vendita aveva a oggetto l'intero prodotto delle colture di semi di porro, che la venditrice avrebbe effettuato nell'annata successiva al contratto, semprechè risultassero accertati, a seguito di una prova da eseguirsi su campioni, i requisiti di germinabilità e purezza stabiliti nel contratto).

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