Cass. civile, sez. II del 2023 numero 14105 (23/05/2023)



L'immobile di proprietà di un Comune che, sebbene non iscritto nell'elenco di cui alla L. n. 1089 del 1939, art. 4, comma 1, sia riconosciuto di interesse storico, archeologico o artistico, è soggetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 822 e 824 cod.civ., al regime del demanio pubblico con la conseguenza che non può essere sottratto alla rispettiva destinazione, né essere oggetto di usucapione. I beni muniti di interesse storico, artistico o archeologico appartenenti allo Stato o ad altri enti pubblici, quindi, devono considerarsi tout court culturali: attraverso l'apposizione del vincolo archeologico, dunque, non si costituisce su di essi una nuova qualità, ma semplicemente si certifica una prerogativa che il bene già possiede per le sue caratteristiche.
(Ne consegue che, nel caso di specie, la rilevanza archeologica del bene immobile oggetto di controversia, sebbene dichiarata, attraverso l'apposizione del vincolo specifico, solo nel 1990, era già insita nel bene stesso, con la conseguenza che correttamente la Corte d'Appello di Roma, in applicazione degli artt. 822 e 824 c.c., aveva dichiarato il bene in questione non assoggettabile ad usucapione, perché soggetto al regime del demanio pubblico).

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