Caratteri della rinunzia all'eredità



Indubbiamente la rinunzia all'eredità è un atto negoziale unilaterale. Esso produce i propri effetti dismissivi immediatamente, indipendentemente dalla comunicazione che del medesimo venga data ai soggetti che possano avervi interesse: donde la natura non recettizia nota1. Come si vedrà, un'eventuale "rinunzia contrattuale", per tale intendendosi un accordo tra il chiamato ed i coeredi ovvero i chiamati in subordine cui profitterebbe la delazione respinta dal rinunziante, al più potrebbe avere l'effetto di una convenzione preliminare rispetto alla vera e propria rinunzia, eseguita secondo le forme di cui all'art. 519 cod. civ..

La rinunzia, pur essendo destinata a sortire effetti in relazione alla delazione ereditaria, è atto inter vivos , poichè il profilo effettuale diretto della stessa è in primo luogo riferibile a dismettere un diritto del disponente mentre costui è in vita nota2 . Si tratta inoltre di un negozio formale, caratterizzato dalla specifica veste ad substantiam di cui all'art.519 cod.civ.: tanto è vero che differenti modalità (quali ad esempio il già menzionato accordo assunto con gli altri chiamati: cfr. il II comma dell'art. 519 cod.civ.) non possono sortire gli effetti dismissivi tipici.

La rinunzia all'eredità non tollera, quale actus legitimus, l'apposizione di condizione, termine o modo: in caso contrario essa sarebbe nulla ai sensi dell'art. 520 cod.civ. nota3.

La rinunzia abdicativa sfugge alla qualificazione alternativa in base ai parametri dell'onerosità o della gratuità: è stato significativamente riferito della natura neutra di essa nota4 . La definizione è accettabile, anche se occorre precisare che, a rigore, è la stessa classificazione che si palesa inadeguata. In tanto è infatti possibile parlare di atto oneroso o di atto gratuito, in quanto l'atto stesso possieda efficacia dispositiva. Se Tizio cede a Caio un diritto ci si può domandare a quale titolo venga effettuata l'attribuzione. Nel caso della rinunzia nulla di tutto ciò: chi la pone in essere non trasferisce alcunchè, limitandosi a dismettere il proprio diritto. Ne discende che, a rigore, si manifesta radicalmente improponibile il concetto stesso di onerosità o di gratuità, nozioni imprescindibilmente legate al trasferimento di diritti.

Quanto alla possibilità per l'agente di porre nel nulla la propria precedente manifestazione dismissiva, si dice che la rinunzia sia atto revocabile (ancorchè in misura limitata, vale a dire fino al momento in cui l'eredità non sia stata acquisita da eventuali chiamati in subordine ovvero non sia andato prescritto il diritto di acquistarla da parte del rinunziante: art.525 cod.civ. ) nota5. In effetti la c.d. revoca della rinunzia non è altro se non una accettazione tardiva che la legge ammette. Al di là di questi casi è piuttosto il caso di osservare come la rinunzia appaia invero come non revocabile: poichè la revoca si sostanzia in un contrarius actus inteso a togliere retroattivamente rilevanza all'attività già compiuta, essa non potrebbe non sortire effetti anche in relazione ai terzi (tali rispetto alla rinunzia), ciò che invece è escluso dal modo di disporre dell'art. 525 cod.civ. .

Quando l'atto di rinunzia deve essere eseguito da un soggetto incapace dovrà essere debitamente autorizzato da parte dell'autorità tutoria: si tratta infatti di atto di straordinaria amministrazione, destinato ad incidere sul capitale e non semplicemente sui frutti (cfr. gli artt. 320 e 374 cod.civ. che rendono necessaria per coloro che hanno la legale rappresentanza del soggetto incapace l'autorizzazione del giudice tutelare o del notaio) nota6.

Note

nota1

Ciò che comunque non escluderebbe la configurabilità della simulazione, il cui ambito ben può concernere gli atti unilaterali che, ancorchè non recettizi, siano destinati a sortire efficacia nei confronti di determinati controinteressati (art.1414 cod.civ. ). Si pensi alla possibilità di un accordo simulatorio tra colui che si appresti a porre in essere l'atto di rinunzia all'eredità ed i chiamati in subordine, cui la rinunzia indirettamente profitta. La questione diviene quella di verificare gli effetti della simulazione per i terzi, con riferimento alla assunzione della qualità di erede per il chiamato in subordine che abbia accettato successivamente alla rinunzia fittizia.
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nota2

Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.VI, Milano, 1962, p.444.
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nota3

Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm.teorico-pratico al cod.civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, p.436.
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nota4

In questo senso Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, 1977, p.132; Piras, Successione per causa di morte. Parte generale. Successione necessaria, Milano, 1965, p.185.
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nota5

Così Capozzi, Successioni e donazioni, t.1, Milano, 1983, p.208.
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nota6

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Occorre infine sottolineare che non si tratta di un atto personalissimo. E' infatti espressamente prevista la legittimazione in capo ai rappresentanti legali ex art.320 e 374 cod.civ., Si ritiene inoltre pienamente ammissibile (Grosso-Burdese, Le successioni, in Tratt.dir. civ.it., diretto da Vassalli, Torino, 1977, p.320) anche una accettazione effettuata da un procuratore volontario nominato ai sensi dell'art.1392 cod.civ. .
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Bibliografia

  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1983
  • CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Parte generale, Napoli, 1977
  • GROSSO-BURDESE, Le successioni. Parte generale, Torino, Tratt.dir.civ. it. diretto da Vassalli, XII - t.1, 1977
  • PIRAS, Successione per causa di morte, Milano, 1965
  • PRESTIPINO, Delle successioni in generale, Novara-Roma, Comm.cod.civ., dir. da De Martino, 1981

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