Rapporto tra bene principale e pertinenza. Effetti dell'atto di trasferimento della cosa principale. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 12866 del 22 aprile 2022)

In base al combinato disposto degli artt. 817 e 818 cod.civ. la relazione pertinenziale fra due cose determina automaticamente l'estensione alla pertinenza degli effetti degli atti o rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sia cessato anteriormente all'atto concernente la cosa principale, ovvero da questo risulti espressamente la volontà del proprietario di escludere la pertinenza come oggetto dello stesso.
Gli accessori pertinenziali di un bene immobile devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell'atto di compravendita, essendo necessaria un'espressa volontà contraria per escluderli. Ne', ad escludere la cessione pro quota della comproprietà del cortile di pertinenza, in correlazione alla vendita dell'edificio principale, può rilevare, in senso chiaro ed univoco, il riconoscimento operato dai contraenti di un diritto di servitù di passaggio sul medesimo bene comune in favore dell'acquirente, potendo tale servitù trovare comunque giustificazione nell'intenzione di assicurare un vantaggio per la proprietà esclusiva dell'acquirente, eccedente i limiti del diritto di comproprietà ex art. 1102 cod.civ., posto a carico della comunione residua.

Commento

(di Daniele Minussi)
Se i principi generali in tema di cessazione o mantenimento del rapporto tra cosa principale e pertinenza enunciati dalla S.C. sono condivisibili, non del tutto a fuoco appare la conclusione relativa all'interpretazione del dato costituito dal "riconoscimento" della servitù a carico del bene pertinenziale e a favore di quello principale oggetto della vendita. L'enunciazione di una servitù infatti deporrebbe, al contrario di quanto deciso, nel senso di ritenere esclusa dall'alienazione la quota parte del cortile. Giova sul tema ricordare che la sussistenza del requisito dell'altruità del fondo che si trovi in comunione si fonda sull'apprezzamento della necessità o meno che la fruizione del fondo ipoteticamente servente si sostanzi in una modalità di utilizzo che ciascun comunista potrebbe trarre dal bene in quanto espressione del diritto di godimento pari a quello degli altri contitolari (cfr. sul punto specifico Cass. Civ. Sez. II, ord. 21858/2020). Tale aspetto sembrerebbe esser sfuggito al percorso motivazionale della pronunzia in commento.

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