Poteri rappresentativi e organizzazione interna della Chiesa cattolica. Rilevanza in relazione all'attività negoziale. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 5415 del 25 febbraio 2019)

L'attività negoziale "iure privatorum" posta in essere dalla Chiesa cattolica e dagli enti ecclesiastici con riferimento a beni di loro proprietà sottoposti al codice civile - ove non diversamente previsto dalle leggi speciali che li riguardano - è disciplinata dalle norme di relazione, alla cui osservanza la medesima Chiesa e le sue istituzioni sono tenute, al pari degli altri soggetti giuridici, poiché da un lato, esse sono inidonee a comprimere la libertà religiosa e le connesse alte finalità tutelate, in ottemperanza al dettato costituzionale, dalla norma concordataria di cui all'art. 2 della l. n. 121 del 1985, e, dall'altro, lo Stato non ha inteso rinunciare alla tutela di beni giuridici primari garantiti dalla Costituzione. Pertanto, ai fini della validità ed efficacia dei contratti conclusi, è privo di rilievo l'assetto concordatario relativo alla piena autonomia riconosciuta alla Chiesa cattolica con riguardo alla sua organizzazione interna, nella parte in cui affida ai Parroci la titolarità della parrocchia e la gestione ed amministrazione del relativo patrimonio, escludendo ogni ruolo dell'Arcidiocesi, atteso che detta organizzazione riguarda il sistema canonico e non incide, in assenza di normativa specifica, sull'agire privatistico regolato dal codice civile.

Commento

(di Daniele Minussi)
Il tema è quello dell'accertamento dei poteri rappresentativi in capo al soggetto che è in grado di imputare gli esiti della propria condotta all'ente ecclesiastico. Nel caso di specie, la Cassazione ha reputato non fondata la pretesa dell'Arcidiocesi che aveva sostenuto di non essere contrattualmente responsabile in relazione all'incarico di progettazione e direzione lavori conferito dal Vescovo ad un professionista. Il tutto in relazione a beni ricadenti nel patrimonio di singole parrocchie, come tali entità non fornite di propria autonomia giuridico-economica. Ciò in quanto il Vescovo sarebbe stato privo di potere rappresentativo secondo le norme concordatarie e l'organizzazione interna della Chiesa cattolica, non possedendo rilievo il fatto che l'Arcidiocesi avesse seguito le opere fino alla ultimazione. Insomma: le norme dell'ordinamento interno della Chiesa non contano: valgono i principi generali del diritto privato.

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