Il mutamento di destinazione d'uso di un bene condominiale non ne fa venir meno la titolarità millesimale riconducibile ai condomini. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 9361 dell'8 aprile 2021)
Il condominio di edifici sorge ipso iure et facto, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, così perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio.
Una volta costituito il condominio, con atto che prevedeva la comproprietà del ripostiglio condominiale e delle parti comuni indicate dall'art. 1117 cod.civ., il successivo mutamento di destinazione d'uso, da magazzino ad abitazione, del locale non poteva certo comportare il venir meno della qualità di bene comune del medesimo. Il mutamento di destinazione d’uso e la sanatoria non cancellano, quindi, la qualità di bene comune dell’immobile sorta con la cessione di un appartamento.
Il proprietario dell’edificio non può vendere l’ex ripostiglio se nel frattempo si è formato il condominio. Il mutamento di destinazione d’uso e la sanatoria non cancellano la qualità di bene comune dell’immobile sorta con la cessione di un appartamento.